2008-08-04
di OSCAR BANDINI
LA MONOGRAFIA di Marco Renzi — “Tavolicci 22 luglio 1944. Protagonisti e retroscena di una strage nascosta” (Società editrice Il Ponte Vecchio) — pone definitivamente fine alla querelle su una strage a lungo dimenticata e nascosta. Il 22 luglio 1944 il IV battaglione dei volontari di polizia italo-tedesca — una unità di polizia avente il compito principale di proteggere le maestranze che lavoravano alle fortificazioni della linea gotica e di contrasto alla guerriglia dei partigiani — massacra a suon di raffiche di mitra e con il fuoco 64 degli 83 abitanti di Tavolicci in modo efferato. L’eccidio è compiuto da circa cento uomini, una decina di nazionalità tedesca, i rimanenti italiani, molti dei quali del meridionali e alcuni del posto.

L’AUTORE, un giovane maestro elementare e ricercatore, sulla scia delle prime interviste raccolte tra i parenti dei suoi alunni nel corso di un a ricerca scolastica e, sulla spinta del volume del 1994 curato da Bonali, Branchetti, Flamigni e Lolletti sull'area di Tavolicci e dei Tre Vescovi, incoraggiato dall'Istituto Provinciale per la Resistenza, dimostrando doti di investigazione e di lettura degli avvenimenti veramente notevole, ricostruisce fotogramma per fotogramma le vicende di questa comunità periferica posta in comune di Verghereto a 900 metri a cavallo di tre regioni, Emilia Romagna, Toscana e Marche.

QUELLA di Tavolicci, di Cà Sem e di Campo del Fabbro, fu la strage nazifascista, come precisa l'autore, più raccapricciante e numericamente più consistente della Romagna e, ancora oggi, Tavolicci è sinonimo di barbarie, di strage; è l'immagine delle donne e dei bambini trucidati a colpi di mitra, feriti ed arsi vivi dentro la casa "più brutta e piccola" del paese. La forza della documentazione, rafforzata da immagini fotografiche di grande effetto degli autori della strage, foto rintracciata grazie alla potenza del web, ci mostrano i volti rilassati del tenente Lehmann, comandante interinale dello spietato IV battaglione che aveva il suo comando proprio a S. Piero in Bagno e che si macchierà di altri crimini in questa porzione di Appennino tosco-romagnolo come la strage del Carnaio, di Capanne e Castelpriore ed anche del “milite mascherato”, al secolo il maresciallo Franz Mueller quasi sicuramente il primo a sparare a raffica contro gli abitanti di Tavolicci.

COME precisa lo storico Mimmo Franzinelli, l'autore ha adottato un approccio multidisciplinare che, attraverso le fonti orali, documentarie e fotografiche, "entra nei dettagli degli eventi , esamina percorsi individuali e attività organizzative, spiega e interpreta i comportamenti dei militari e dei civili. Non si trattò dell'irrazionale emersione di brutalità, ma di un crimine riconducibile alla guerra sporca contro il ribellismo. L'eccidio fu pianificato in un abboccamento a Sant'Agata Feltria tra fascisti locali, elementi della polizia segreta germanica, ufficiali della Legione “Tagliamento” e comandanti del IV Battaglione. La strategia della terra bruciata rispondeva alla volontà di seminare il terrore tra i civili e impedire l’appoggio ai partigiani dell’VIII Brigata Garibaldi e al distaccamento di Pippo che operava nell’alto Marecchia, secondo le direttive spietate diramate dal feldmaresciallo Kesserling. Necessario completamento del libro in questione risulta perciò il volume sempre scritto da Marco Renzi (“Appennino 1944. Arrivano i lupi. Atti e misfatti del IV Battaglione di volontari nazifascismi fra Toscana, Marche e Romagna (Il Ponte Vecchio). Due libri che restituiscono dignità ai trucidati e ai pochi scomparsi, vittime di quel "furto di giustizia" che i tribunali e il clima benevolo nei confronti dei criminali di guerra che seguì all'amnistia Togliatti del 1946 sancirono, nonostante l'ampia documentazione già allora a disposizione. Ci sono voluti 64 anni per conoscere le verità, troppo.