San Mauro, Raoul Casadei festeggia gli anni sul palco. Il concerto gratis

Il re del liscio compie ottantuno anni: “Una vita piena di felicità. Non ho rimpianti”

Raoul con il figlio Mirko, che oggi ha ereditato l’orchestra

Raoul con il figlio Mirko, che oggi ha ereditato l’orchestra

San Mauro Mare, 15 agosto 2018 - Ha oltrepassato la boa degli 80 anni, ma non ha nessuna intenzione di scendere dal palco. Ferragosto porta un compleanno speciale: quello di Raoul Casadei, il re del liscio, che stasera sarà al parco Campana di San Mauro Mare con l’orchestra del figlio Mirko per festeggiare con il suo pubblico gli 81 anni compiuti oggi. Centinaia di canzoni scritte, milioni di dischi venduti, quasi 70 anni di carriera musicale. Ne compie invece 90 la sua orchestra, fondata dallo zio Secondo nel 1928, e da lui portata al successo negli anni ’70 ed ereditata oggi da Mirko.

Casadei, qual è il suo elisir di lunga vita?

“Ho tanti hobby: faccio il giardiniere, l’ortolano, il ciclista, il pescatore e il cacciatore. Mi alzo alle 6, vado a nuotare, coltivo fagioli e pomodori per quattro ore. Sono pieno di vizi: fumo la pipa e bevo la grappa. Bisogna mantenersi in vita: amare l’amore e la gente”.

Ha sempre avuto un forte legame con la sua terra.

“Quasi tutte le canzoni le ho scritte qui, a pochi passi dal Rubicone, e più della metà sono dedicate al nostro mare». Che ricordi ha del periodo del ‘boom del liscio’? «Facevamo 300 concerti l’anno. Erano anni belli e durissimi. Ma io sono rimasto lo stesso: uno alla buona, un contadino”.

Il liscio ha i valori della Romagna: famiglia, amore e amicizia. E ancora così?

“La mia battaglia è contro il globalismo che porta in Riviera i balli caraibici. Dovremmo prendere esempio dalla Puglia che, con la propria tradizione, la costruito il successo turistico. Negli anni ‘70 anche qui era così: mio zio trainava il turismo più di Fellini. Poi ci si è voluti modernizzare e qualche sindaco con la puzza sotto il naso ha derubricato il liscio a roba da contadini. Ma non dobbiamo escludere ciò che siamo, è questo il sapore che dobbiamo dare ai turisti”.

Anche la sua musica è cambiata.

“Ci siamo evoluti, ho fatto il latino-romagnolo e assorbito le chitarre mediterranee: è musica solare come il reggae di Bob Marley, la mia preferita. Ma i romagnoli non hanno il coraggio di seguirla”.

Qual è il segreto della sua famiglia così unita?

“Non è una famiglia patriarcale: ognuno fa quel che vuole, al massimo do qualche consiglio. Viviamo insieme appassionatamente e quando c’è un problema discutiamo civilmente”.

Prima di diventare musicista è stato maestro elementare. Come era?

“Ero modernissimo. Facevo educazione sessuale già nel ‘68 e altri discorsi nuovi a cui molta gente era ostile. Per questo ero sempre sotto controllo. Quando ero in Puglia, i primi mesi portavo i miei ragazzi, per lo più sbandati, a giocare nel campo sportivo. Dopo un po’ hanno iniziato ad ascoltarmi. Dopo 17 anni ho lasciato la scuola con molto dispiacere: mio zio era morto e fui eletto a furor di popolo suo erede”.

Ha rimpianti?

“L’altro giorno ero a Bellaria e centinaia di persone volevano fotografarsi con me. Sono un rappresentante della Romagna popolare. Ho una vita piena, non ho rimpianti”.