Cesena, 24 novembre 2011 - Mamma Ebe e' stata definitivamente condannata dalla Cassazione a sei anni di reclusione e dalle motivazioni emerge che nei confronti di Gigliola Giorgini sono state applicate le norme predisposte per l'antidoping. La condanna di piazza Cavour si riferisce ad una vicenda relativa all'attivita' svolta nei primi anni del 2000 in una villa a Carpineta, sulle colline di Cesena, che per la donna era il 'convento santuario' sede della 'Pia unione di Gesu' misericordioso'. I reati del processo sono truffa, esercizio abusivo della professione medica, associazione a delinquere.
In particolare, in riferimento alla condanna per esercizio abusivo della professione medica, la Cassazione ricorda che "sono equiparate al doping la somministrazione di farmaci o di sostanze biologicamente o farmacologicamente attive e l'adozione di pratiche mediche non giustificate da condizioni patologiche, finalizzate e comunque idonee a modificare i risultati dei controlli sull'uso dei farmaci". La Seconda sezione penale, dichiarando inammissibili i ricorsi, ha convalidato la decisione della Corte d'Appello di Bologna del giugno 2010 che aveva ridotto di un anno la pena perche' dalla sentenza di primo grado del Tribunale di Forli' alcuni episodi di cui era accusata Mamma Ebe erano finiti in prescrizione. Riduzione di pena, per lo stesso motivo, anche per gli altri condannati in primo grado, alcuni dei quali - quelli con ruoli piu' secondari - per effetto della prescrizione sono stati assolti.
Nella villa di Carpineta furono 'curate' decine e decine di persone che, secondo le accuse confermate dalla Cassazione, venivano solamente raggirate. I pazienti sarebbero stati trattati con psicofarmaci e acqua benedetta per 'liberarli' dai loro mali fisici e psicologici. Da qui la condanna per la 'santona' in base alle normative volte a contrastare il doping. "Il fatto che i pazienti sapessero che la Giorgini non era medico e' ininfluente ai fini della sussistenza del reato", spiega la Suprema Corte.
Confermate anche le condanne per Mauro Martelli (3 anni e 8 mesi di reclusione), Cecilia Bertacchi, Marzia Biancalani e Letizia Guasti (1 anno e 8 mesi, pena sospesa). Tutti dovranno pagare le spese processuali e circa 6mila euro alla Ausl di Cesena costituitasi parte civile
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