Cesena, 3 febbraio 2013 - A settant’anni dalla caduta del Regime, il ‘materiale’ del Fascismo resta incandescente.

È un sintomo dell’incapacità degli italiani di fare interamente i conti della propria storia e anche della persistenza di uno spirito di parte che approfitta di ogni occasione per riemergere. La polemica cesenaticense sui busti di Mussolini e Vittorio Emanuele III non sfugge a queste regole. Sull’errore iniziale — confondere la riesumazione di due dozzinali prodotti di regime con la valorizzazione del patrimonio culturale del Ventennio, che non fu solo Fascismo... — si è innestata la strumentalizzazione politica e infine un disastroso effetto boomerang per l’economia turistica.

Di ben diverso taglio è l’operazione in corso al San Domenico di Forlì con l’esposizione di opere d’arte realizzate fra le due guerre. Lì passa il discrimine tra arte e nostalgia. Cesenatico, con testimonianze d’epoca del calibro della colonia Agip e dell’ex Casa del fascio, può volare ben più alto dell’esposizione di paccottiglia propagandistica. La decisione del sindaco Buda di riportare in magazzino i due busti è un argine di buonsenso a una bufera della quale non si sentiva proprio la necessità.

 

Emanuele Chesi