Cesena, 13 maggio 2014 - Per l’accusa originaria — fatta nel 2003 da una delle sue vittime e verbalizzata dalla polizia — più che mago era «un guru, un santone che si approffittò di ragazze giovanissime promettendo bellezza e salute in cambio di denaro e favori sessuali e dietro reiterate minacce, anche di morte». Nella perquisizione nella sua casa-studio forlivese la polizia trovò materiale pornografico, amuleti, lingerie, simboli fallici.
Adesso per il ‘Mago della Sfinge’, ossia Girolamo Mazzoccoli, 64 anni, originario di Monopoli (Bari), dagli anni Settanta residente a Forlì, arriva la sentenza della Corte di Cassazione. Un definitivo di pena che ha innescato il mandato di cattura firmato dalla Corte d’Appello, eseguito dai carabinieri di Forlì. Mazzoccoli si trova ora in carcere, arrestato per violenza sessuale.
L’uomo deve scontare 8 anni e 2 mesi. Il mandato di cattura dei magistrati bolognesi è stato firmato a seguito del verdetto del 17 aprile scorso della quarta sezione penale della Cassazione di Roma; ordinanza che mette la parola fine all’iter giudiziario, perlomeno per quel che riguarda una sola parte lesa del processo iniziale. I giudici della suprema corte hanno separato in due il fascicolo che riguarda Mazzoccoli.
L’ultima sentenza tocca solo i reati di violenza sessuale consumati contro una delle vittime del mago, la prima a fare denuncia. La ragazza, cesenate, all’epoca dei fatti (tra la metà degli anni ’90 e l’inizio del Duemila) 21enne, per dieci anni fu costretta a convivere col ‘santone’ nella casa-studio di via Falterona e obbligata a subire ogni genere di violenza. «Mi disse che se non avessi fatto come diceva lui, sarei morta», raccontò la giovane alla squadra mobile di Forlì nel 2003, all’epoca del primo arresto di Mazzoccoli. La ragazza — assistita dagli avvocati Filippo Poggi e Maria Domenica Viggiani — scrisse poi un libro-testimonianza dove ripercorse le tappe del suo inferno.
A dir poco difficoltoso l’iter processuale del caso Mazzoccoli (che nel ’79 e nell’82 subì due condanne a Forlì e Ravenna per atti di libidine contro ragazze minorenni; condanne con patteggiamento firmate con pena sospesa). Nel giugno 2011 la Cassazione annullò i 15 anni emessi dalla Corte d’Appello, che confermava il verdetto di primo grado. Il fascicolo tornò in Appello a Bologna, che si pronunciò di nuovo il 13 novembre 2012, riformando la sentenza in 10 anni, riferiti però ai reati consumati su entrambe le vittime. Nei prossimi mesi quindi la Corte d’Appello dovrà solo quantificare la pena collegata ai reati commessi sull’altra parte lesa.
Maurizio Burnacci
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