A 30 anni in cattedra al Mit di Boston

La ricercatrice in ingegneria civile Vittoria Laghi chiamata nella prestigiosa università americana: "Un’occasione imperdibile"

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di Maddalena De Franchis

Si aspettava di trascorrere un altro anno da pendolare tra la sua Cesena e Bologna, dove avrebbe proseguito la sua ricerca sulle tecnologie in grado di ridurre l’impatto ambientale degli edifici. Ma la vita, si sa, non smette mai di riservare sorprese e il 5 settembre la 30enne Vittoria Laghi, ricercatrice in Ingegneria civile dell’Alma Mater, ha preso il volo per Boston. Ad attenderla, una cattedra da prof in uno degli Atenei più prestigiosi del pianeta, il Massachusetts institute of technology (Mit), storico crogiuolo delle menti migliori dell’umanità. Basti pensare che, dalla sua fondazione nel 1861, ben 98 membri della sua comunità sono stati insigniti del premio Nobel.

Laghi, com’è approdata al Mit?

"Qualche tempo fa ho partecipato a un bando europeo per l’assegnazione di una borsa per giovani ricercatori, intitolata a Marie Curie. Mi sono presentata con un progetto realizzato in collaborazione con un gruppo di docenti del Mit: ho perso la borsa per pochi centesimi di punteggio, ma i prof con cui ho collaborato hanno apprezzato molto il mio lavoro".

Cos’è successo poi?

"Sono stati loro a cercarmi, qualche settimana fa: volevano informarmi che al Mit si era aperta una selezione per una cattedra in Progettazione strutturale, nell’ambito del Corso di laurea in Ingegneria civile. Mi hanno suggerito di candidarmi e il mio curriculum è stato ritenuto il più adatto al profilo ricercato".

Un incarico senza dubbio importante: come ci si sente?

"Credo sia un’occasione imperdibile per arricchire il mio percorso professionale: intraprendere una carriera universitaria in Italia, si sa, è molto difficile. Avere questo tipo di esperienze all’estero può sicuramente aiutare a raggiungere l’obiettivo".

Intende dire che non pensa di fermarsi a Boston a lungo e di trasferire i suoi obiettivi lavorativi oltreoceano?

"Per il momento no. Il mio incarico da docente è rinnovabile di anno in anno, ma il mio sogno è rientrare in Italia e completare la mia carriera accademica a Bologna, l’università che mi ha accolto prima come studentessa e poi come ricercatrice".

Lo scorso giugno ha ricevuto il premio L’Oreal-Unesco, assegnato ogni anno a sei ricercatrici under 35, da tutta Italia, che si siano distinte per i propri meriti scientifici. A che punto è il ‘gender gap’ (divario di genere) nelle scuole e nelle università?

"Siamo ancora notevolmente indietro: in materie come fisica, ingegneria e matematica la presenza femminile è una sparuta minoranza. Tanto per farle un esempio, nel dipartimento bolognese in cui lavoro (Ingegneria civile, chimica, dell’ambiente e dei materiali) c’è solo una donna che, al momento, ha intrapreso la carriera da docentericercatrice".

Quali potrebbero essere le soluzioni?

"Bisognerebbe cominciare molto presto – fin dai primi stadi dell’educazione delle bambine – a sfatare il mito secondo cui le materie scientifiche sono poco adatte alle donne: spesso le ragazze si sentono più portate verso questi percorsi, ma poi finiscono per scegliere altro, scoraggiate dal pregiudizio dominante".