Bordate dalla sinistra "Anpi ambigua su Putin"

Le reazioni alla richiesta di non dare armi all’Ucraina. Il sindaco: "I partigiani hanno combattuto". Briganti (Istituto per la Resistenza): "È in gioco la la libertà"

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di Andrea Alessandrini

"Sono favorevole ad armare gli ucraini, a Bucha non c’è bisogno di accertamenti e Putin non ha ragioni". Il presidente dell’Anpi di Forlì-Cesena Miro Gori ha preso le distanze da quello nazionale dell’associazione partigiani contrario all’invio di armi e che ha chiesto una commissione per appurare cosa è successo a Bucha. E nella sinistra cesenate quali sono le posizioni nei confronti dell’Anpi accusata di ponziopilatismo?

Il professore universitario Riccardo Caporali è militante veterano della sinistra alternativa. "Sono iscritto all’Anpi - afferma – e mi pare evidente che la sua posizione sulla guerra in Ucraina non è semplicisticamente arruolabile nel filo-putinismo pertinace, per quanto oggi balbettante, di certa destra nostrana. Dissento, tuttavia, dall’idea che l’impegno per la pace impedisca, qui e adesso, di distinguere tra aggressori e aggrediti. E sono per aiutare a difendersi, anche con le armi, chi è aggredito".

"Trovo inqualificabile invece – prosegue Caporali – la posizione (non dell’Anpi) di chi vorrebbe la resa dell’Ucraina ‘per il suo bene’. Il che non significa mandare il cervello all’ammasso dei liberali con l’elmetto, per i quali ci sono invasioni buone e invasioni cattive, a seconda di chi le fa. E tanto meno mi piace il linciaggio cui viene sottoposto chi trova responsabilità storiche anche dell’Occidente, a partire dalla politica miope (e dannosa soprattutto per l’Europa) al tempo della caduta dell’Urss, quando si lasciò uno sterminato Paese nelle mani di cleptocrati che si sono impossessati di enormi ricchezze collettive, invece di assecondare la transizione democratica tentata da Gorbaciov. Più facile fare affari coi ladri e circondare militarmente la nuova Russia. Adesso si paga il conto. Lo paga tragicamente l’Ucraina"

Il sindaco Enzo Lattuca (Pd),è stato segretario della sinistra giovanile ed è fra i 1.400 iscritti all’Anpi provinciale. "Non ci possono essere ambiguità di fronte a questo conflitto – rimarca–. Bisogna essere partigiani e saper riconoscere le opposte ragioni che si misurano in questa guerra alle porte dell’Europa. C’è la Russia che ha aggredito, con le scelte di Putin, uno stato sovrano. E c’è un popolo, una nazione, una democrazia che, seppure largamente imperfetta, tenta di difendersi dall’aggressione e chiede supporto ad altri Paesi per poterci riuscire. Non credo che l’ambiguità possa essere la cifra di chi oggi come associazione rappresenta l’eredità della lotta partigiana in Italia".

"Non credo quindi - prosegue Lattuca – che la strategia possa essere quella di disarmare chi sta provando a resistere a un’invasione del proprio Paese. Sono d’accordo con il presidente provinciale di Anpi: i partigiani ci hanno insegnato che ci sono guerre che vanno combattute contro chi invade e aggredisce militarmente".

Ines Briganti è la presidente dell’Istituto storico per la resistenza e l’eta contemporanea di Forlì-Cesena. "Non solo dissento- dichiara – ma sono indignata per la posizione di Anpi. I partigiani combatterono con le armi per la libertà, e le armi sono un sostegno agli ucraini per difendere la loro libertà. Il gruppo dirigente russo comandato da Putin ha invaso uno stato indipendente che aveva chiesto nel 2002 di aderire alla Nato e nel 2104 alle Ue. Le Commissioni che accertano lo svolgimento dei fatti sono utili, ma sull’eccidio dei civili a Bucha gli autori sono evidenti".

"Ero per il disarmo unilaterale fin da ragazza negli anni Settanta – afferma Monica Donini, di Rifondazione Comunista, ex presidente del’assemblea legislativa regionale – e per me l’obiettivo deve essere sempre la pace. Pertanto non c’è nesso di coerenza tra il perseguimento di questo obiettivo e il ricorso alle armi. So di essere spettatrice e non c’è la controprova di quello che direi se invece di parlare dal salotto fossi nel luogo del conflitto: ma è la pace è il valore supremo e tutto deve essere fatto per la pace, solo per la pace. Da questo fondamento scaturisce la mia analisi". "Putin - aggiunge - deve finire al Tribunale dell’Aia che ha aperto un’idagine sui crimini di guerra’ ed è bene anche che le commissioni provino ad appurare ciò che sta succedendo sui luoghi del conflitto".