Borse e zainetti che sanno di sabbia e mare

Due stiliste cesenati, Marcella Foschi e Elena Gualtieri, realizzano modelli utilizzando la tela riciclata dei vecchi ombrelloni

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di Maddalena De Franchis

Le designer cesenati Marcella Foschi ed Elena Gualtieri erano ancora bambine quando, negli anni Ottanta, sul lungomare di Rimini si consumavano ghiaccioli alla frutta e tormentoni da jukebox, amori estivi in sella ai motorini e baci rubati sui teli stesi in spiaggia. È proprio questo l’immaginario, colorato e leggero, cui si riferiscono nel creare borse, zainetti e cappelli, fabbricati riciclando gli ombrelloni usati e dismessi della Riviera. Non a caso, il loro marchio si chiama ‘Rimini Rimini bags’, come lo strampalato film del 1987, campione d’incassi, che consacrò Rimini come destinazione simbolo della vacanza italiana.

Marcella Foschi, com’è nata l’idea?

"Dopo gli studi di design a Firenze e Milano, lavoravo in uno studio di grafica milanese. Avevo un amico impiegato da Magnani, storico ombrellificio di Cesena in cui non solo si producono ombrelloni, ma si raccolgono e recuperano quelli usurati e dismessi. Qualche anno fa mi chiamò per dirmi: ‘Ho un bancale pieno di vecchie stoffe: solo tu ci puoi fare qualcosa di bello’. Rientrata da Milano, andai a vederlo: traboccava di tessuti dai colori inconfondibili per coloro che, almeno una volta, sono stati in vacanza da queste parti. Non riuscivo a credere ai miei occhi".

Cos’è successo poi?

"Con l’aiuto di un’amica, ho ricavato da quegli ombrelloni alcuni prototipi di borse e li ho presentati in vari mercatini ed eventi musicali. L’esperimento ha funzionato così bene che ho deciso di lasciare Milano e tornare in Romagna per avventurarmi nel nuovo progetto. Mi affianca la mia socia, Elena Gualtieri, designer di tessuti: insieme realizziamo a mano borse e zainetti, combinando le stoffe degli ombrelloni con corde nautiche e galleggianti da pesca".

A partire dall’etichetta, tutto, nel vostro marchio, parla di recupero.

"Per noi ‘recupero’ vuol dire riciclaggio di tessuti belli e dai colori vividi che, altrimenti, finirebbero in un cassonetto. Ma significa anche nostalgia di quella Riviera da cartolina, spensierata e ormai perduta. È proprio grazie a questa duplice accezione che il nostro marchio è così amato in Germania e Austria: tedeschi e austriaci sono attenti all’idea di moda sostenibile. E sono rimasti legati all’immagine ‘vintage’ di Rimini, che ritrovano nello stile dei nostri accessori".

A proposito di recupero, quest’anno avete scelto di presentare la nuova collezione negli spazi dell’ex Delfinario di Rimini, ora destinati alla Fondazione cetacea riccionese. Perché?

"Non volevamo parlare solo delle nostre borse, ma di un luogo e di persone che ci stanno a cuore. Anche in futuro, intendiamo dare visibilità alle realtà locali che si adoperano per la salvaguardia dell’ambiente".

A Berlino e dintorni uno dei vostri bestseller è il marsupio ‘Gabicce’. Cosa vi dicono i clienti tedeschi quando vengono in vacanza in Riviera?

"Vorrebbero vedere più negozi e vetrine con i nostri prodotti in zona. Noi, però, abbiamo scelto da tempo di privilegiare il canale e-commerce, sia per ridurre le intermediazioni, sia perché seguire i negozi a distanza è assai impegnativo. Per ora, l’obiettivo è continuare a raccontarci sui social network. Domani, chissà".