Caporalato nel Cesenate, tre rinvii a giudizio

In marzo i primi processi per lo sfruttamento di lavoratori nordafricani reclutati da connazionali e impiegati in agricoltura

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di Paolo Morelli

Stanno arrivando al pettine, nonostante gli intoppi dovuti alle norme anti-Covid, i nodi delle intricate vicende relative allo sfruttamento di lavoratori nordafricani da parte di loro connazionali che costituivano finte cooperative attraverso le quali cedevano la mano d’opera ad aziende agricole. Si tratta di un’organizzazione che aveva ramificazioni in diverse regioni dell’Italia settentrionale; uno dei poli principali era nell’Appennino cesenate, tra Borello, Bora e Mercato Saraceno, mentre le aziende che impiegavano la mano d’opera operano soprattutto nel settore agricolo e hanno sede in diverse zone della Romagna. Il fenomeno è tristemente conosciuto come ‘caporalato’.

Il traffico di mano d’opera sfruttata per abbattere i costi delle imprese agricole fu stroncato all’inizio del 2017 dalla Guardia di finanza che arrestò cinque persone di nazionalità marocchina. Gli arrestati facevano capo alla Power Service, un cooperativa con sede a San Bonifacio, in provincia di Verona, a sua volta collegata con altre società e cooperative di altre città. Il processo principale che riguarda la Power Service è previsto il 9 marzo 2021.

Dal procedimento principale ne sono nati altri, Due di questi riguardano la cooperativa Trentina che ieri mattina era protagonista di due udienze preliminari davanti al Gup del Tribunale di Forlì Massimo De Paoli.

La prima udienza riguardava tre nordafricani reclutatori di mano d’opera, tutti difesi dall’avvocato cesenate Alessandro Sintucci che ha rinunciato alla difesa di uno dei tre imputati perché irreperibile, mentre per gli altri due ha distinto le posizioni chiedendo un patteggiamento e un processo col rito abbreviato: il giudice ha rinviato l’udienza al 25 febbraio 2021 per la decisione sulle richieste del difensore.

La seconda udienza preliminare, collegata indirettamente alla prima, riguardava un’azienda del Forlivese che impiegava mano d’opera nordafricana (fino a 22 persone) nella conduzione di allevamenti avicoli. Si tratta della Società Agricola Casagrande, Casagrande 2 e Casagrande Energy, che hanno sede in via Cervese 265, e dei relativi rappresentanti legali Simonetta Ciani, Stefano Ciani e Giovanna Perlini, tutti difesi dagli avvocati Claudia Battaglia e Antonio Giacomini di Forlì. Il Gup Massimo De Paoli li ha rinviati a giudizio davanti al collegio giudicante per il 10 marzo 2021: dovranno rispondere di sfruttamento di lavoratori in stato di bisogno che venivano pagati cinque o sei euro all’ora invece degli undici-dodici della paga regolare, senza alcun riconoscimento per lavoro straordinario e festivo, e violando le prescrizioni in materia di sicurezza. I fatti si riferiscono a un periodo compreso tra il 2015 e il il 2018.

A sostenere l’accusa ci sarà il sostituto procuratore Fabio Magnolo che sarà affiancato dall’avvocato Francesco Lombardini di Cesena che ieri si è costituito parte civile per cinque lavoratori originari del Marocco che vivono a Borello, i quali sono intenzionati a chiedere le differenze retributive non percepite e un indennizzo per i danni subiti.