Cesena, 19 marzo 2025 – “Il caso di Cristina Golinucci non è un ‘Cluedo’, una sorta di gioco nel quale chiunque può improvvisarsi detective. Non è in questo modo, formulando personalissime ‘sentenze’ esposte su cartelli, che si aiuta la famiglia a ottenere la verità che cerca da anni”.

Le parole sono di Barbara Iannuccelli, l’avvocata che sta seguendo il caso della giovane cesenate scomparsa il primo settembre del 1992 e mai più ritrovata.
Barbara Iannuccelli è a fianco di Marisa Degli Angeli, la madre di Cristina, che da sempre si batte per conoscere ciò che è accaduto a sua figlia. Una ricerca che, secondo il punto di vista della legale, non viene favorita dall’uomo, Gabriele Pieri, che in questi mesi si è messo in luce per le sue apparizioni nel centro die Cesena e non solo con un cartello nel quale indica il nome della persona che secondo lui sarebbe responsabile della scomparsa di Cristina. Un comportamento che gli è valso un ammonimento del questore di Forlì-Cesena arrivato su segnalazione della persona citata nello stesso messaggio esposto da Pieri. Una persona mai formalmente indagata nel corso dell’inchiesta della Procura di Forlì.
“Stiamo parlando del dolore di una famiglia, che si batte per ottenere risposte – ha commentato Iannuccelli – e azioni come queste di certo non aiutano. Di più, provocano nuove ferite nello spirito di Marisa, già ovviamente provatissima da lunghi anni di dolore. Il caso di Crastina non è un ‘gioco’ nel quale chi vuole può improvvisarsi investigatore, né tanto meno emanare ‘sentenze’ personali. Non è così che funziona il nostro ordinamento”.
L’avvocata sta in effetti continuando a lavorare per chiedere la riapertura del caso, chiuso nei mesi scorsi dopo che dalle indagini effettuate a partire dal febbraio del 2023 non emersero sviluppi ritenuti significativi. Allora venne preso in esame anche il mondo conosciuto e frequentato da Cristina Golinucci (e pure da Chiara Bolognesi, altra giovane scomparsa lo stesso anno e il cui corpo senza vita venne poi ritrovato qualche settimana dopo).
Un mondo del quale faceva parte anche l’uomo citato nel cartello esposto da Pieri. L’avvocata Iannuccelli, da parte sua aveva chiesto nuovi approfondimenti sulla situazione di Emanuel Boke, l’umo che da sempre è stato al centro dei sospetti della famiglia, ma che non è mai stato indagato e che ora è irreperibile. Boke frequentava il convento dei frati cappuccini nel cui parcheggio è stata ritrovata l’auto di Cristina, mai arrivata all’appuntamento col suo padre spirituale che l’attendeva a pochissima distanza. Tutta l’area del convento – e gli spazi ad essa attigui – sono stati più volte passati al setaccio degli investigatori, con l’ausilio di cani e strumentazioni tecnologiche. Anche in questo caso senza successo.