Casse di espansione, il nodo dei ritardi Privilegiata l’attività estrattiva

La concessione di cinque aree ai privati per realizzare cave ha rallentato i tempi di realizzazione

Casse di espansione, il nodo dei ritardi  Privilegiata l’attività estrattiva

Casse di espansione, il nodo dei ritardi Privilegiata l’attività estrattiva

di Paolo Morelli

Continua a tenere banco la discussione in merito alle casse di espansione che avrebbero dovuto limitare i danni anche con l’eccezionale quantità di pioggia caduta sulla Romagna in due riprese nel mese di maggio (giorni 2-3 e 16-17-18). I quattro consiglieri comunali del gruppo della Lega hanno presentato una circostanziata interrogazione dal titolo ‘Era tutto scritto’ alla quale la giunta comunale, in particolare l’assessore all’Ambiente Francesca Lucchi, dovrebbe rispondere nella prossima riunione del consiglio comunale. Lo stesso assessore ha risposto in modo tempestivo, ma estremamente sintetico, alla richiesta presentata da Graziano Castiglia (il puntiglioso cittadino denunciato per stalking e interruzione di pubblico servizio dall’allora sindaco Paolo Lucchi, ma poi assolto in tribunale) in relazione alle cinque casse di espansione ai margini del fiume Savio previste dalla variante del 2017 del Piano delle attività estrattive: poche righe per dire che al polo numero 25 ‘Il Molino’ di Borello è già terminata l’attività estrattiva e la sistemazione come cassa di espansione, e la proprietà è passata al demanio dello Stato; che nei due poli estrattivi numero 25 ‘La Palazzina’ (tra San Carlo e San Vittore) e numero 28 ‘Cà Bianchi’ (all’altezza si Borgo Paglia) è ancora in corso l’attività estrattiva; nella prima le attività finalizzata al funzionamento come cassa di espansione sono ancora in corso, nella seconda sono già state realizzate (si tratta di un semplice taglio dell’argine che la separa dal fiume). Neppure un accenno alle altre due cave: il polo 23 ‘Cà Tana’, di Borello, nella parte bassa del comune di Mercato Saraceno, e il polo 37 ‘Il Trebbo’, probabilmente perché le attività di scavo non sono neppure iniziate. Per ciò che riguarda la reale efficacia di tali casse di espansione, invece, l’assessore all’Ambiente passa la palla, con il classico scaricabarile, all’Agenzia regionale per la sicurezza territoriale e la protezione civile. Analoga risposta è stata data dall’ufficio stampa del Comune a una nostra richiesta di informazioni. In realtà per capire quello che è successo e i rischi ai quali andremo incontro il tema delle casse di espansione va approfondito per bene, analizzando quando e a chi sono state date le autorizzazioni per cavare ghiaia e sabbia, e perchè in un paio di questi poli estrattivi l’attività non sia neppure iniziata. Infatti, come ha ben spiegato su queste pagine il 31 maggio l’ingegner Daniele Domenichini, già direttore tecnico del Consorzio di Bonifica della Romagna, per evitare altre disastrose alluvioni ci sono solo due cose da fare: alzare i ponti costruiti troppo in basso, oppure realizzare ampie casse di espansione per dare sfogo alle acque dei fiumi nei picchi di piena. Una terza opzione non c’è.