
Parte la campagna bieticola, coltivazioni in ripresa dopo gli anni della crisi del settore che ha fatto la storia del territorio
Uno è diventato un museo; altri sono stati - o saranno - oggetto di interventi più o meno ambiziosi di riqualificazione urbana; i più versano in uno stato di totale abbandono e restano testimoni silenziosi di un capitolo importante della storia sociale ed economica della nostra regione. Parliamo degli zuccherifici, gli stabilimenti per la trasformazion della barbabietola da zucchero: per circa un secolo, tra la fine dell’Ottocento e l’ultimo scorcio del Novecento, l’industria saccarifera è stata una risorsa di indubbio valore per l’economia emiliano-romagnola. L’Emilia-Romagna è la regione d’Italia che più ha investito e beneficiato dalla coltivazione della barbabietola da zucchero, seguita a ruota dal Veneto. Durante il periodo di massimo sviluppo del settore, da un capo all’altro della regione erano in funzione 35 zuccherifici, la maggior parte dei quali si trovava tra le province di Ferrara, Bologna e Ravenna. Ma ce n’era uno anche a Cesena, di proprietà del gruppo cesenate Maraldi, così come i siti di Forlì e Forlimpopoli. Oggi, a seguito di una lunga crisi del comparto, se ne contano solo due in tutto il Paese (a Minerbio, nel Bolognese, e a Pontelongo, in provincia di Padova), entrambi gestiti dalla cooperativa emiliana Coprob Italia zuccheri. L’unica realtà rimasta in Italia a produrre zucchero e a voler investire su una filiera 100% tricolore, come ha confermato il presidente Luigi Maccaferri nei giorni scorsi, in occasione dell’avvio della campagna bieticola.
Le potenzialità del settore, in effetti, sono ancora molte: in Italia consumiamo ogni anno circa 1,7 milioni di tonnellate di zucchero e Coprob riesce a coprire circa il 10% del fabbisogno nazionale (160mila le tonnellate di zucchero prodotte nel 2023). Ciò significa che il resto del quantitativo deve essere importato dall’estero, da Paesi come Brasile e India, principali produttori al mondo di zucchero di canna. In Romagna la coltura di barbabietola è stata progressivamente abbandonata: tra quelli che resistono c’è Luciano Rocchi, classe 1945, agricoltore di Savignano sul Rubicone. "Fino a metà degli anni Settanta, a Cesena e dintorni si coltivava tanta barbabietola – ricorda -. La filiera locale era solida, gli zuccherifici impiegavano centinaia di persone, compresi molti giovani come stagionali. Ora è tutto finito e gran parte dello zucchero proviene dall’estero". Come si è arrivati a questa situazione? Rocchi non ha dubbi: "i produttori sostengono costi sempre più alti – dichiara – e sono sempre meno incentivati a intraprendere una coltura che richiede una rotazione costante dei terreni e genera anche parecchio scarto". Uno scarto che, va ricordato, Coprob si impegna da anni a valorizzare, con pratiche virtuose che hanno reso la cooperativa un modello europeo di economia circolare. "Ad assestare il colpo finale a un settore che era già in flessione da un trentennio è stata, nel 2005, la cosiddetta ‘riforma dello zucchero’ – sottolinea Piero Cavrini di Confcooperative Emilia-Romagna, memoria storica dell’industria saccarifera regionale -. Su iniziativa dell’Unione europea, la riforma ha messo fine al sistema nazionale delle quote di produzione e aperto il settore alla concorrenza mondiale, facendo crollare il prezzo dello zucchero. Ciò ha avvantaggiato i colossi stranieri che hanno potuto acquistare materia prima di ottima qualità a prezzi stracciati, ed è andato a discapito dei produttori di barbabietola". Interviene, infine, il presidente di Coldiretti Forlì-Cesena, Massimiliano Bernabini, che commenta: "La barbabietola da zucchero continua a rappresentare una coltura strategica per l’agricoltura del nostro territorio, ma è indispensabile garantire alle imprese condizioni di redditività adeguate. In questo percorso, la collaborazione con Coprob–Italia Zuccheri è un punto di forza da valorizzare. Ora è fondamentale che le risorse messe a disposizione dalla Regione - un contributo aggiuntivo di 300 mila euro, oltre a 1,5 milioni già stanziati, come confermato dall’assessore all’Agricoltura Alessio Mammi, ndr - si traducano in risultati concreti per le aziende".