
Valentino Coveri è destinato al Forlì, un anno di C per crescere
La storia del Cavalluccio vive da sempre sul vivaio, autentico tesoro sportivo ed economico, dal quale sono stati lanciati e ceduti gli elementi più talentuosi ad alto livello. In questa stagione l’indirizzo societario è quello di mandare diversi dei protagonisti della Primavera 1 di Campedelli a ‘farsi le ossa’ in prestito, un collaudo di spessore per verificare se potranno poi essere utili alla causa bianconera. Così il difensore Pitti è in prestito al Carpi, l’esterno Giovannini e il gioiellino Coveri sono destinati al Forlì, il capitano Valentini all’Arzignano, il centrocampista Castorri al Gubbio, un altro prodotto come il terzino David interessa al Ravenna. La linea è quella di almeno una stagione di gavetta per testare la sostanza di diverse promesse.
La storia bianconera dice che molti di coloro che dal vivaio sono poi diventati campioni prima di essere catapultati ad alto livello hanno vissuto almeno una tappa di crescita in club di serie inferiore al Cesena. Tra i più preziosi gioielli, invece, hanno fatto il salto diretto alla prima squadra per raggiungere poi realtà super Massimo Ambrosini, che Bolchi fece debuttare a 17 anni in Coppa Italia nel ko con il Genoa, 25 presenze (1 gol) in B nel 1994-’95 prima del Milan da leggenda con intermezzo a Vicenza, Condor Agostini nel vivaio tra il 1981 e il 1983, poi tanti gol e denari fatti guadagnare al Cesena e una carriera tra Roma, Napoli, Parma, Milan, Ancona, Ruggiero Rizzitelli (nelle giovanili dal 1982 al 1986) decisivo nella scalata alla A, primo giocatore in nazionale con la casacca del Cesena e in carriera due scudetti a Roma e con il Bayern Monaco.
Anche l’attaccante Mattia Graffiedi dopo una decina di anni nel vivaio andò in prima squadra e al Milan, copione simile per il difensore Gianluca Zanetti, stagione in cadetteria (1996-’97) e inizio di un lungo viaggio anche al Milan e al Monza. Altri nomi famosissimi della vita del Cavalluccio hanno avuto invece bisogno di un po’ di ‘prova’ altrove, così Gianni Comandini militò un anno a Montevarchi in C prima del lancio con Benedetti e Cavasin e l’approdo al Vicenza e al Milan. Due stagioni a San Marino per Stefano Sensi che pareva diretto a Santarcangelo quando Drago lo bloccò, stagione a Cesena in B poi Sassuolo, Inter e compagnia varia. Alessandro Bianchi fu fatto maturare a Padova, nel Cesena sbocciò il suo talento per l’Inter e lo scudetto con Trapattoni.
Pure Seba Rossi ebbe bisogno di un periodo di crescita fuori città: Forlì, Empoli, Rondinella a Firenze, diventò titolare con Bolchi nella rimonta da promozione in A e grazie a quel trampolino di lancio è entrato nella storia del Milan. Non va dimenticato il geniale Emiliano Salvetti, pupillo di Edmeo Lugaresi, fatto migrare due volte a Forlì, a Ferrara (dove andò in crisi e restò poche settimane) per diventare poi un big bianconero ceduto al Verona in A. Il passato testimonia quindi che nella maggior parte dei casi anche i grandi bianconeri sono cresciuti grazie alla gavetta fuori sede.