Cesenatico, la rivolta degli 'incamerati'. "Paghiamo l'affitto per le nostre proprietà'

Sono i titolari di locali storici, ma sorti sul terreno del Demanio

Il titolare del ristorante 'La baia'

Il titolare del ristorante 'La baia'

Cesenatico, 28 gennaio 2019 - La decisione del governo giallo verde di ritirare l’emendamento al decreto sulle semplificazioni che sanava i contenziosi sui canoni balneari non riscossi ha messo definitivamente in ginocchio i cosiddetti ‘incamerati’. Chi sono? Si tratta dei proprietari di quelle aziende classificate di difficile rimozione: bagni, hotel, ristoranti, costruiti chissà quanti anni fa sul terrirorio demaniale – e dunque nel nostro caso a ridosso della spiaggia. Beni che lo Stato nel 2007, per sanare la cosa, ha appunto ‘incamerato’, dichiarandoli statali e chiedendo però in cambio canoni molto alti, e retroattivi.

Il problema riguarda oltre 300 ditte in tutta Italia, delle quali oltre cinquanta in Emilia Romagna e di queste una ventina a Cesenatico. A Roma era tutto pronto per far passare l’emendamento, tuttavia alcuni ambientalisti la settimana scorsa hanno fatto saltare tutto, presentando una denuncia per i casi specifici della mafia e delle organizzazioni malavitose romane, che controllano alcuni beni nella spiaggia di Ostia. Il governo non poteva tollerare di essere accusato di favorire e aiutare i mafiosi, così prima il Movimento 5 Stelle e poi la Lega hanno ritirato il documento, mettendo nei guai tutte le altre imprese oneste.

Saputo del ritiro dell’emendamento che dopo anni sanava la posizione di queste attività, Simone Battistoni, presidente della Cooperativa stabilimenti balneari di Cesenatico e vicepresidente nazionale del sindacato Sib-Confcommercio, si è mosso immediatamente assieme al presidente nazionale Antonio Capacchione, inviando una lettera al ministero dell’Economia e ai capigruppo in Senato, con la quale chiede di inserire una norma cautelare, per impedire la decadenza delle concessioni, in vista di una rivisitazione delle concessioni stesse.

“Paghiamo tre volte il canone di un bagno – si lamenta Elena Casadei del Bagno Luca –, pur essendo uno stabilimento realizzato da noi e sostenendo noi tutte le spese”. Condivide Luciano Fratti del Bagno Hawaii: “Siamo sottoposti a un canone di oltre 23mila euro, il triplo rispetto ai vicini ed inoltre abbiamo investito molto. La situazione è insostenibile e, anche rispetto alla concorrenza, siamo penalizzati, per questo chiediamo di pagare il giusto. Non vogliamo regali ma nemmeno ingiustizie. Dopo gli errori del passato ci possono essere dei governi migliori e devono dimostrarlo”.