Cesena, cinghiali nel campo biologico. L'agricoltore: "Persi almeno 8mila euro"

Primo Bagni: "I cinghiali sono troppi. Ho fatto domanda di risarcimento, ma non è ancora neppure venuto il perito"

Primo Bagni nel suo campo devastato

Primo Bagni nel suo campo devastato

Cesena, 14 gennaio 2019 - Primo Bagni è un allevatore di Luzzena che da anni combatte una guerra contro i cinghiali che gli devastano i terreni coltivati. La notte di qualche settimana fa ha ricevuto l’ultimo consistente attacco, seguito da altri di minore entità. Gli ungulati hanno danneggiato dieci ettari di grano biologico, causando un danno di almeno 8mila euro. “Non avrò bisogno di trevviare, perché la terra è praticamente già lavorata”, ci scherza su l’allevatore abituato alle incursioni.

“Quando mi sono accorto di quello che era successo – racconta –, ho fatto la segnalazione all’Atc Fo2, incaricata di risarcire i danni. Ancora il perito non è venuto a stimare la perdita economica, che verrà ripagata con un misero indennizzo, ma pochi giorni dopo è stato attivato il piano di controllo e sono stati uccisi circa dieci cinghiali su 19”.

In totale l’azienda biologica di Bagni, tra i primi nella zona a decidere di non investire nei pesticidi anche senza ricevere contributi, conta un centinaio di ettari. “Il 90% di quello che coltivo lo trasformo per nutrire una settantina di capi di bestiame, ma come faccio ad andare avanti se tutto quello che semino finisce in pasto alla selvaggina?”. “Il problema – prosegue avvilito – è che non conta nulla recintare i campi perché i cinghiali scavano sottoterra e passano dall’altra parte. L’unica soluzione è trasferirli in un parco protetto o abbatterli”.

Il problema ormai riguarda tutto il Paese: dopo il morto e i dieci feriti sull’A1 a Lodi, a causa degli ungulati, il ministro Gian Marco Centinaio ha affermato: “Va bene tutelare la fauna, ma dobbiamo anche garantire la sicurezza delle persone, nelle campagne e nei centri abitati, oltre ovviamente di campi e raccolti, frutto del lavoro di chi vive ogni giorno di questo”. Le parole però per chi della terra ne fa il proprio mestiere, non bastano più. “Se la fauna selvatica fa parte del patrimonio indisponibile dello Stato, significa che è lo Stato a doverla nutrire – sottolinea Bagni – come io mi devo occupare dei miei animali se non voglio incorrere in sanzioni”.