Coronavirus, la cesenate che resta in Cina: "Mandate mascherine"

Il racconto di Alessandra Cappelletti, docente universitaria a Suzhou. "Ti misurano la febbre a ogni incrocio. Ma ce la faremo"

Alessandra Cappelletti

Alessandra Cappelletti

Cesena, 7 febbraio 2020 “La situazione è drammatica, perché migliaia sono i malati e tanta gente sta morendo, tutti i giorni. Siamo nel picco dell’epidemia da coronavirus, ma le misure di contenimento stanno funzionando“. Lo specchio della situazione che vive in questo momento la Cina, con ripercussioni su tutti i continenti, è monitorata e ci viene raccontata in tempo reale da una cesenate, Alessandra Cappelletti , 44 anni, professoressa associata alla Xi’an Jiaotong-Liverpool University di Suzhou, un ateneo creato nel 2006; si tratta della prima joint venture sino-britannica tra università.

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Laureata in lingue orientali a Venezia, Alessandra vive in Cina da otto anni, e da quando è scoppiata l’emergenza sanitaria ha il compito di tenere i rapporti tra il suo ateneo e il governo cinese. “Insegno Relazioni internazionali dell’Asia, politica estera cinese e politiche pubbliche presso il Dipartimento Relazioni Internazionali – spiega –, e sono stata incaricata di monitorare lo staff del nostro campus, per sapere dove si trovi ora ogni insegnante, cosa abbia fatto negli ultimi due mesi, quando sia tornato o abbia intenzione di tornare a Suzhou“. Informazioni necessarie al governo, con cui Cappelletti comunica in lingua cinese, per controllare la popolazione e tentare di fermare la diffusione del virus. “Anche noi stranieri – ragiona lei – siamo sotto osservazione , poiché si vuole evitare che qualcuno si ammali in un frangente di massima attenzione mediatica“. Alessandra vive a Suzhou , a 20 minuti di treno da Shanghai, almeno a 700 chilometri da Whuan, presunto luogo del focolaio infettivo. “Non è semplice valutare lo stato delle cose ora – continua la docente –, si tratta di un nuovo virus molto infettivo, che si trasmette con velocità. A Wuhan c’è una sorta di coprifuoco e le strutture sanitarie sono in affanno, ma conosco italiani che sono lì e sono relativamente tranquilli, hanno deciso di non rientrare con il volo organizzato dalla Farnesina“. A Suzhou , città di 12milioni di abitanti i contagi sono poche decine. “Le misure di contenimento stanno funzionando come in altre zone della Cina – rassicura la nostra concittadina –, a parte la provincia dello Hubei. Proprio grazie a queste misure precauzionali e anche per paura di contagio, le città sono deserte , gli esercizi pubblici chiusi, scarsi i mezzi pubblici, quindi la popolazione esce in caso di necessità“. Si va fuori c as a pe r le cose essenziali: “Fare la spesa o andare in farmacia. Intere aree sono chiuse con check point in entrata e uscita, in particolare per monitorare quelli tornati dallo Hubei e dall’interno dopo il Capodanno cinese. Mi viene misurata la temperatura al supermercato, quando entro nel mio compound (quartiere), cui non residenti e visitatori non possono accedere e sui mezzi pubblici. Il nostro campus è chiuso , viene disinfettato ogni giorno in attesa di riaprire il 17 di febbraio, a meno che non cambino le cose“. Solo allora il marito, italiano, di Alessandra potrà forse rientrare in Cina, ora è a Reggio Emilia per conto del Centro Studi sulla Cina Contemporanea. “Io manco da Cesena da un anno – aggiunge lei –, se volessi tornare potrei, tramite voli con scalo. Ci sono check point sulla strada fino a Shanghai, e non si ha febbre lasciano passare. Ma i miei genitori dovranno attendere, la mia vita è qui. Non si può vivere in un paese e prenderne solo gli aspetti positivi, i momenti negativi vanno affrontati insieme. Le autorità stanno facendo il massimo, con difficoltà perché la Cina è grande e la popolazione molta e variegata. Quanto all’Italia potrebbe inviare un aereo pieno di mascherine e abiti protettivi per il personale medico-sanitario, che qui scarseggiano, visto che l’Italia è un paese produttore“.