"Così le opere di Bach folgorarono Pasolini"

Stasera al Bonci lo spettacolo di Mario Brunello e del critico Guido Barbieri "Eseguirò al ‘violincello’ o violoncello piccolo i brani citati dallo scrittore"

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di Raffaella Candoli

Questa sera alle 21, al Bonci, Mario Brunello (nella foto), uno dei più raffinati musicisti contemporanei, il primo europeo e unico italiano a vincere nel 1986, il Concorso Caikovskij di Mosca, per celebrare il centenario della nascita di Pier Paolo Pasolini presenta lo spettacolo ’Vorrei essere scrittore di musica. Pasolini interpreta Bach’. Lo affianca, nel parlato, Guido Barbieri, musicologo e critico, voce storica di Rai Radio3, docente al Conservatorio Maderna.

L’aspirazione ad essere "scrittore di musica", fu dichiarato da Pasolini in un poemetto del 1966, il ’Poeta delle ceneri’ e l’amore in particolare per Johann Sebastian Bach, lo tradusse, giovanissimo, tra il 1944 e il ’45, nella prima stesura del saggio ’Studi sullo stile di Bach’, rimasto inedito fino all’edizione critica del 1999 a cura di Walter Siti. Il regista e poeta bolognese nel testo affrontava valutazioni di natura estetica e filologica su Bach, avendo iniziato ad amarne la musica mentre era sfollato a Casarsa, in Friuli. Qui aveva conosciuto la giovane violinista Pina Kalk (che lo scrittore ricordò nei Quaderni rossi), profuga dopo l’occupazione tedesca della Slovenia. L’impronta dell’amore per Bach si ritrova nella produzione artistica di Pasolini, nelle colonne sonore e nelle sequenze di varie scene.

Mario Brunello, è sul testo giovanile di Pasolini che si snodano pensieri e note dello spettacolo?

"Sì, Pasolini in quel saggio dà una lettura nuova, analitica, competente della musica di Bach ed io eseguirò i brani che lui cita nella pubblicazione, mentre Guido Barbieri procede alla lettura dei testi pasoliniani, sia tratti dagli Studi sullo stile di Bach, che da altri scritti".

Perché Bach esercitò una fascinazione su Pasolini?

"Bisogna inquadrare il clima e le circostanze dei suoi approcci alla musica di Bach. Fu Pina, che era innamorata di Pasolini a fargli conoscere il Siciliano e la Ciaccona, opere che si rivelano come folgorazioni e susciteranno in lui intuizioni inaspettate. Pasolini diceva di non essere un esperto, ma è lui stesso a disegnare nel suo testo un pentagramma e a scrivere appunti straordinari che rivelano un modo empatico e singolare nell’avvicinarsi a Bach. Il saggio nasce durante la guerra. Pasolini è stato costretto a lasciare Bologna e gli studi e la compagnia di Pina con la sua musica, in particolare con le Sei sonate per violino KWV 1014-1019 sono fonte di ’leggera emicrania’, intesa come impegno mentale che lo prendeva completamente e lo allontanava da pensieri bui".

Anche per lei Bach è fonte d’ispirazione e di una vasta discografia. Cosa vi lega?

"Bach mi ha fatto scoprire un nuovo mondo sonoro, quello della natura. Quando ho suonato al ’violincello’ il primo accordo della prima sonata per violino mi sono detto che Bach mi aveva nascosto per metà della mia vita metà della sua musica".

Già, perché lei usa il ‘violincello’ strumento raro, temporalmente vicino a Bach.

"Gli esempi della musica di Bach che Pasolini cita nel suo saggio io li eseguo al violoncello piccolo o ‘violincello’, in uso all’epoca del compositore, il che testimonia la seduttività del suono. ’Violino tenore’, lo chiamavano all’epoca, non a caso la sua scoperta ha avuto un effetto travolgente, aprendomi un mondo sonoro che come Bach avvicina alla natura ed è anche nelle Dolomiti, scenario naturale che io porto il mio Bach".