Covid, picco di contagi Ma l’Ausl rassicura

Forlì-Cesena tra le province più contagiate con 610 casi per 100mila abitanti. La dottoressa Angelini: "Il dato dell’incidenza ora è poco signficativo"

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di Elide Giordani

Un cluster. Già suona male. Poi riferito al Covid getta sul tavolo l’immagine di un gruppo che non l’ha scampata. Tutti covidosi, o già di lì. Così ha categorizzato la nostra area un algoritmo matematico che mette in fila i luoghi dove la pandemia resta aggrappata con le unghie e con i denti. Anzi, di più, è in crescita. Stiamo in cattiva compagnia con Piemonte, Liguria, Marche e Abruzzo. E noi, Forlì-Cesena, saremmo in cima alla provincie più contagiate con 610 casi ogni 100 mila abitanti alla settimana. Lo dice l’istituto per le Applicazioni del calcolo del Cnr che di numeri se ne intende ma non trova d’accordo chi s’intende di Sanità Pubblica dell’Asl Romagna, ossia la dottoressa Raffaella Angelini che ne è responsabile. "No, in questo momento non si può dare un significato così netto a quei dati di incidenza".

Perché dottoressa Angelini? "Perché non considerano il numero delle persone positive che non l’hanno detto a nessuno. Chissà quanti hanno fatto il test in casa e se non hanno avuto bisogno del certificato medico non lo hanno comunicato all’Asl. Il dato di incidenza, dunque, è relativamente poco preciso".

Il bollettino settimanale della regione ci dice che ci sono stati a Cesena 1.262 casi nei sette giorni tra il 2 e l’8 dicembre, 77 in più rispetto alla settimana tra il 25 novembre e il 1° dicembre, mentre in tutta la regione i nuovi contagi sono passati da 23 mila a 22.965 a 21.574 . Come mai i numeri sono in crescita solo da noi?

"Non è facile rispondere a questa domanda. Potrebbe incidere la differente attitudine a fare i test che noi in Romagna abbiamo conservato più che altrove. Ad oggi non abbiamo ridotto la possibilità di fare tamponi senza particolari formalità. Questo porta indubbiamente ad un numero alto di persone che va a verificare il virus. Ma è pur vero che non possiamo parlare di crescita esponenziale. Ci sono delle onda, questo sì, che in Romagna mettono in fila 1.0001.100 casi al giorno".

Tanti.

"Sì, tanti ma non si registra qui da noi la crisi di posti letto ospedalieri che già da una settimana pesa sull’area di Bologna, tanto per fare un esempio. I dati raccolti su un territorio hanno il senso di capire come progredisce la pandemia. Ma confrontare un territorio con un altro è un azzardo".

A Cesena i ricoverati in terapia intensiva sono 4, uno in meno rispetto alla settimana scorsa e Forlì resta costante con un solo ricoverati. Ma nei reparti ordinari della regione c’è un 14 per cento in più di posti letto occupati per Covid.

"E’ importante che non crescano le terapie intensive. C’è di più, come si evidenzia dai dati comunicati giornalmente dalla Regione, i positivi all’influenza sono superiori a quelli dei positivi per Covid. Oggi c’è un quadro molto misto che noi dobbiamo studiare con molta attenzione poiché in breve tempo potrebbe mettere in crisi gli ospedali per un duplice contagio. Ancora però non c’è alcuna preoccupazione in questo senso".

In questa settimana ci sono stati anche 99 decessi in tutta la Regione, di cui 4 tra Forlì e Cesena, 21 in Romagna. Numeri tutt’altro che rasserenanti.

"Li studio tutti i giorni quelli che riguardano la Romagna e assicuro che assai raramente si vede qualcuno sotto agli 80 anni. La settimana scorsa abbiamo dovuto registrare il decesso di un uomo di 103 anni. Era positivo al covid ma come possiamo dire che sia morto per quello? Ciò che ci testimoniano i clinici è che non ci sono più, e da tempo, i casi di polmonite interstiziale che causava insufficienza respiratoria in poco tempo e poteva condurre alla morte. Quando si incontra una situazione del genere significa che siamo davanti a persone immunodepresse che, magari non hanno avuto risposta al vaccino. Ma sono casi eccezionali".

Perché la Regione non dà conto anche dell’età media dei decessi?

"Sarebbe un dato significativo. Proveremo a chiederlo".