
I due ex presidenti del Cesena Calcio, Giorgio Lugaresi e Igor Campedelli, imputati in questo procedimento ma già usciti dal processo con il rito abbreviato e il patteggiamento (foto Luca Ravaglia)
Domani l’intera giornata del collegio giudicante del Tribunale di Forlì formato da Marco De Leva (presidente), Giorgia Sartoni e Federico Casalboni, impegnato da più di due anni e mezzo nel processo per la bancarotta dell’Associazione Calcio Cesena, sarà dedicata all’ascolto delle arringhe degli avvocati, dopo che martedì scorso il pubblico ministero Francesca Rago aveva chiesto la condanna di dieci degli undici imputati a pene variabili fra due anni e quattro anni e tre mesi di reclusione, per un totale di 30 anni e sei mesi.
Il primo a prendere la parola sarà l’avvocato di parte civile Antonio Materia, che rappresenta il curatore fallimentare Mauro Morelli di Bologna; seguiranno i difensori degli imputati Luca Mancini (avvocato Tommaso Guerini); Luca Campedelli (avvocato Daniele Ripamonti); Stefano Bondi (avvocati Alessandro Melchionda e Alfonso Celli), e Luigi Piangerelli (avvocati Silvia Castellari e Cesare Di Cintio). Nell’udienza di martedì scorso il pubblico ministero aveva chiesto 3 anni di reclusione per Luca Mancini, 4 anni e tre mesi per Luca Campedelli, 3 anni e 3 mesi per Stefano Bondi e 2 anni e 3 mesi per Luigi Piangerelli.
Nella sua requisitoria il pubblico ministero Francesca Rago aveva diviso gli imputati in due gruppi chiedendo pene più severe per coloro che sono accusati di bancarotta fraudolenta (per operazioni dolose) e meno pesanti per chi è accusato di bancarotta semplice. Per un imputato, Graziano Pransani, accusato in questo processo solo di reati fiscali avendo già patteggiato la pena per gli altri reati, il pubblico ministero ha chiesto il non luogo a procedere per intervenuta prescrizione. Il fallimento dell’Associazione Calcio Cesena risale infatti all’agosto 2018, quasi sette anni fa, quindi il tempo stringe e i giudici hanno stretto i tempi delle udienze: dopo quella di domani, ventesima dall’inizio de processo, ce ne sarà un’altra martedì 1° luglio con le arringhe dei difensori degli altri sei imputati; la sentenza è prevista dopo due settimane, martedì 15 luglio.
Nella requisitoria che martedì scorso ha richiesto complessivamente 6 ore e 35 minuti, il pubblico ministero Francesca Rago è partita dal 2010, quando a fronte di un valore della produzione di decine di milioni di euro, nel conto corrente c’erano appena 1.800 euro ed era necessario fare salti mortali per fronteggiare ogni scadenza, come confermato da più testimoni. La strategia per fare fronte alle difficoltà finanziarie - ha specificato il pubblico ministero - era rimandare il pagamento delle scadenze fiscali (Iva, Irap, Irpef) sfruttando tutte le possibilità offerte dalla rateizzazione dei debbiti con l’erario. Per fare questo, addirittura, venivano rimandati i pagamenti pur sapendo che in breve tempo le somme dovute sarebbero state gravate da pesanti sanzioni. La liquidità disponibile, infatti, veniva usata per pagare stipendi e creditori chirografari in modo da evitare penalizzazioni in classifica e potersi iscrivere al campionato successivo. Stigmatizzata anche la creazione della cooperativa Cesena & Co (che aveva praticamente gli stessi amministratori dell’Ac Cesena) come controllante della spa calcistica: questa mossa permise di alleggerire per qualche tempo il debito fiscale poiché il pagamento dell’Iva di gruppo fu trasferito alla controllante (che percepiva per questo servizio 350.000 euro all’anno pur non avendo dipendenti). Inoltre la società controllata girava alla controllante le somme necessarie per i versamenti Iva che però non venivano effettuati.
A questi espedienti per continuare l’attività calcistica nonostante l’incremento progressivo dei debiti si aggiungevano le plusvalenze fittizie realizzate con gli acquisti e le vendite ‘baciate’ di giovani calciatori (soprattutto sull’asse Ac Cesena-Chievo Verona) ai quali venivano attribuite valutazioni milionare nonostante non avessero grandi prospettive, in modo da raggiungere i parametri necessari all’iscrizione al campionato successivo. Secondo il pubblico ministero tutti gli amministratori, anche quelli non operativi erano consapevoli di ciò che avveniva e quindi devono essere condannati.