Donati gli stampi degli zufoli di San Giovanni

Oggi pomeriggio cerimonia all’Officina dell’Arte di Case Frini: un momento per ripercorrere la storia dei fischietti di zucchero

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di Gabriele Papi

Si chiamano zufoli di zucchero, secondo la tabella merceologica della Camera di Commercio, un secolo fa, i famosi fischietti rossi della fiera cesenate di San Giovanni appena trascorsa: giusta denominazione commerciale, identificativa. Si fa presto a dire fischietto: c’è il fischietto dell’arbitro, del vigile urbano, i fischietti da caccia, che mica sono di zucchero. Sarà una delle diverse chicche storiche, inattese e veritiere, che saranno raccontate durante la sobria donazione dei modelli originari dei ‘fischietti di San Giovanni’ all’Officina dell’Arte di Case Frini. Appuntamento oggi pomeriggio alle 17, non serve invito. Non sarà la consueta conferenza, ma un incontro tra appassionati di storia e storie: cui seguirà non il solito uggioso dibattito, ma un brindisi sotto il pergolato dell’orto retrostante dov’è fiorito il rosmarino. A fare gli onori di casa sarà Angelo Fusconi, ideatore e animatore dell’Officina artistica, allestita nella bottega paterna del fabbro ferraio ’Banìn’. Poi interverranno il vostro cronista e la signora Vanna Vitali, amorosa conservatrice dei ‘fischietti’: entrambi discendenti diretti, fonti primarie, dei Papi fonditori in Cesena (il nonno Vincenzo e i figli Ribelle e Cesare) e dei Vitali di Forlì (imparentati con i Papi) artigiane e artigiani confettieri e ambulanti per sagre e fiere romagnole.

Da questa start up ‘ante litteram’ nacque nell’anteguerra l’ochetta, o papera che dir si voglia, divenuta specialità e simbolo della fiera cesenate, soprattutto nel dopoguerra. Il racconto storico avrà un tema conduttore: la tradizione non come finestra sul cortile di casa, ma su un ampio panorama antico e nuovo, sempre in evoluzione. La tradizione dei fischietti, o zufoli per meglio dire, è antica come il cucco: infatti in passato i fischi di terracotta erano bitonali, ad imitare il cucù del cuculo. Poi, nell’arco del tempo, diventeranno anche di zucchero: scherzetti dolcetti golosi e ideali durante la festa per fare baracca, cioè chiasso e baldoria. Non mancheranno scorci sul ruolo storico, e decisivo, dell’artigianato nelle città romagnole e sulle botteghe come scuole di professionalità e di etica del lavoro. Tra i colpi di scena del recente passato: 1978, vengono messi fuori legge i coloranti di quel tempo perché realizzati in modo potenzialmente tossico. Risultato: i ‘fischietti’ erano bianchi, non rossi, e quasi nessuno li comprò. Vicenda rivelatrice: i cibi e i dolci della memoria sono quelli che ci ricordano la nostra ’meglio età’. E li vogliamo così come li abbiamo visti e assaggiati durante la nostra infanzia: questione di intermittenze del cuore, come racconta Marcel Proust nella sua Ricerca del Tempo perduto.