Cesena, il sindaco Enzo Lattuca dopo due anni di Covid: "Il virus ha cambiato la città"

Il 23 febbraio 2020 una riunione tra i sindaci sanciva lo stato di crisi. Il sindaco: "Due anni di freno e acceleratore. Le chiusure? Non mi pento"

Il Sindaco di Cesena, Enzo Lattuca, nell'incontro di fine anno (Foto Ravaglia)

Il Sindaco di Cesena, Enzo Lattuca, nell'incontro di fine anno (Foto Ravaglia)

Cesena, 22 febbraio 2022 - Due anni domani. Il 23 febbraio 2020, una domenica, tutti i sindaci vennero convocati d’urgenza all’ultimo piano della Regione, dal governatore Stefano Bonaccini. Quando ne uscirono, perlomeno in Emilia Romagna, era iniziato il lockdown. Enzo Lattuca, sindaco di Cesena, cosa ricorda di quel giorno? "Intanto che fu un incontro in presenza, tutti insieme in una stanza, e anche solo per questo sembra un secolo fa". Avreste chiuso le scuole di lì a breve. "Eravamo ancora fiduciosi. Quella domenica io avevo incrociato l’allora sindaco di Bologna Virginio Merola a passeggio per Cesenatico e mi ero detto: beh, dai, magari chiuderemo le scuole per precauzione, però continueremo a poterci spostare". Chiudemmo con una settimana d’anticipo sul resto d’Italia, nessuno presagiva il lockdown: a tutti sembrò un eccesso di zelo. "Lo sembrò anche a me. Avevamo appena avuto il primo caso in Italia, a Codogno, e subito dopo Piacenza, ma il virus sembrava ancora una cosa terribilmente lontana. Dunque la chiusura delle scuole anche in Romagna non poté che sembrare sproporzionata".

Coronavirus Emilia Romagna: bollettino covid del 21 febbraio 2022 Lo pensa ancora? "Al contrario, oggi credo che proprio quella precauzione abbia salvato soprattutto noi, i più lontani dall’epicentro, dal finire nel bel mezzo del ciclone". Lei, però, da lì in poi, fu tra i sindaci che più si rifiutarono di inasprire le precauzioni governative o regionali in autonomia, come molti hanno fatto, da Bologna a Forlì e persino Verghereto. Di questo non si è pentito? "Rivendico quella scelta. Continuo a pensare che il muoversi in ordine sparso abbia contribuito solo a generare confusione. Ed è una scelta che mi sento di aver rispettato sia da un lato che dall’altro: non abbiamo mai messo più divieti, ma neppure abbiamo spinto per riaprire prima del tempo, come hanno fatto altri comuni". Cesena non è mai stata, e per fortuna, nell’occhio del ciclone pandemico. In compenso verrà ricordata come la città che ha dato i natali ai ’No paura day ’. Come se lo spiega? "Non me lo spiego. Anche perché a ciò non è seguita una particolare resistenza alla campagna vaccinale, come è successo a Rimini, a Bolzano o in altre parti d’Italia. Non abbiamo avuto un record di inoculazioni, ma neppure defezioni. Ci siamo mantenuti nella media. Dunque: siamo diventati il punto di riferimento di quel movimento, è vero, poi divenuto nazionale. Ma, dati alla mano, qui quel discorso non ha particolarmente attecchito...". Lei è sindaco da maggio 2019. Il Covid è piombato nel mondo nemmeno sei mesi dopo. Quanto questo ha cambiato i suoi piani amministrativi? "Il Covid ha accelerato alcuni processi e ne ha rallentato altri. Ci ha frenati, soprattutto nella prima parte sull’operatività. Ha accelerato, invece, alcuni progetti del nostro programma". Tra le frenate c’è il viadotto Kennedy, e non serve un veggente per indovinarlo. "Ci sono i ritardi nelle forniture e l’aumento dei prezzi delle materie prime di cui abbiamo spesso parlato. Ma c’è anche da dire che, magari, senza i mesi del primo lockdown in cui l’operatività ordinaria è stata azzerata, il bando per i lavori l’avremmo pubblicato prima".

Novavax in Italia, quando arriva alle Regioni Cosa ha accelerato, invece? "Penso ai tanti progetti di rigenerazione urbana e di mobilità sostenibile che avevamo in programma ma che erano in attesa di finanziamenti. Il Pnrr ha puntato proprio su questi temi, e questo ci ha aiutato e ci ha inorgoglito, visto che ne avevamo fiutato l’importanza strategica". La quarta ondata sta finendo, ma ormai nessuno si arrischia a dire ’ne siamo usciti’. Lei? "Possiamo arrischiarci a dire che avremo una primavera e un’estate molto positive, visto che la stagionalità del virus dopo due anni sembra ormai assodata. La speranza è che, a questo punto, il virus sia davvero diventato endemico. E che il prossimo autunno sapremo affrontarlo forti di percentuali altissime di vaccinati, senza particolari scossoni economico-sociali". A proposito di scossoni. Cesena, come molte città, ne esce cambiata, inutile negarlo. "Di sicuro il passaggio del Covid rappresenta uno spartiacque. C’è un prima e un dopo, soprattutto in certi settori economici come il commercio di prossimità, che ho paura non possa più tornare come prima".

Perché ne è così sicuro? "Perché anche in quel caso il virus ha accelerato un processo già iniziato da tempo, con l’avvento del commercio online". Chi altri soffre? "Il mondo dell’associazionismo, dello sport e della socialità, in generale. Settori in cui i margini di guadagno erano già risicati prima. Il Covid li ha azzerati, e ha ridotto il numero dei volontari e dei frequentatori, e questo è un impoverimento drammatico per la nostra comunità, che nella socialità ha il suo pilastri. E poi ci sono i giovani". Cosa fanno? "Cosa non fanno. Fanno meno sport, vanno meno nei locali socializzano di meno, partecipano di meno, non manifestano più. E sviluppano meno spirito di comunità". Cosa può fare un’Amministrazione su questi temi? "Cerchiamo di accelerare la ripresa con tutti gli strumenti a nostra disposizione, dando supporto alle famiglie e alle imprese, per contribuire a riattivare il tessuto sociale. E punteremo anche quest’anno sugli eventi all’aperto, nei parchi, nelle piazze. C’è un bisogno estremo di spensieratezza, di tornare alla vita. Dopo due anni ce lo meritiamo".