Errori nei processi, assoluzione inevitabile

Le motivazioni della sentenza con la quale la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso della Procura generale di Bologna

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di Paolo Morelli

Puntuale come un cronometro svizzero, allo scadere dei trenta giorni dalla sentenza che ha confermato l’assoluzione di tutti gli imputati per la bancarotta di Sapro, la presidente della quinta sezione penale della Corte di Cassazione, Grazia Rosa Anna Miccoli e il consigliere estensore Enrico Vittorio Stanislao Scarlino hanno depositato la motivazione. In realtà, più che confermare l’assoluzione, i giudici della suprema corte hanno accolto la richiesta del procuratore generale Nicola Lettieri aveva chiesto che il ricorso della Procura generale presso la Corte d’appello di Bologna fosse dichiarato inammissibile in conseguenza di errate valutazioni fatte nel processo di primo grado e riprese negli appelli, arrivando quindi alla conferma della sentenza assolutoria della corte d’appello di Bologna.

Nelle 19 pagine della motivazione, i giudici romani ripercorrono la tormentata storia di Sapro, la società per azioni a capitale interamente pubblico nata nel 1995 su iniziativa degli enti locali (Camera di commercio, Provincia, comuni di Cesena e Forlì, più altri comuni con quote minori). L’obiettivo della società era calmierare i prezzi delle aree con destinazione produttiva: acquistava terreni agricoli, otteneva il cambio di destinazione d’uso, li urbanizzava e li metteva sul mercato. Per qualche anno funzionò, poi la vendita delle aree iniziò a essere sempre più difficoltosa mentre i debiti con le banche aumentavano a dismisura. Nel 2010 Sapro fallì su richiesta della Procura della Repubblica di Forlì, sotto il peso di 110 milioni di euro di debiti.

Le persone che erano ai vertici di Sapro furono processate in sede penale per le accuse di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale. In primo grado, il 4 maggio 2018, i giudici del Tribunale di Forlì condannarono sei imputati: l’ex direttore generale Bruno Lama a tre anni e mezzo di reclusione; l’ex presidente Vittorio Croci e gli ex consiglieri d’amministrazione Luigi Barilari, Giuseppe Corzani, Gabriele Borghetti e Romeo Zanzani a due anni con la sospensione condizionale della pena. Assolti gli altri imputati: Nazario Venzi, Elvio Galassi, Lorenzo Gasperoni, Ubaldo Versari, Daniele Mambelli, Leonardo Belli, Franco Farabegoli, Giorgio Contarini, Silvia Romboli, Valter Rusticali, Ilde Buratti, Dino Ragazzini, Giorgio Paradisi, Widmer Spadoni, Silvano Tomidei e Alessandro Alberani. Ma la Procura della Repubblica di Forlì presentò appello contro tutti gli imputati e il 30 novembre 2020 ci fu il processo di secondo grado in Corte d’appello a Bologna che si concluse con l’assoluzione di tutti gli imputati e la prescrizione di alcuni reati i che figuravano nel capo d’accusa.

Nella motivazione della sentenza, i giudici della Cassazione si soffermano sulle carenze del ricorso della Procura generale di Bologna, peraltro già evidenziate dal Procuratore generale di Roma, arrivando alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso che era stato presentato su sollecitazione del curatore del fallimento Sapro, il commercialista milanese Italo Bruno Vergallo; per questo i difensori di alcuni imputati avevano chiesto la condanna della parte civile al pagamento delle spese, ma la richiesta è stata respinta.

Questa sentenza avrà molto probabilmente un riverbero sulla causa civile intentata dalla curatela fallimentare agli ex amministratori e sindaci di Sapro, che dovrebbe concludersi entro la fine del 2022, ma potrebbe aprire la porta a un’azione di alcuni ex imputati che sono stati assolti in tutti i gradi di giudizio (e anche in altre procedure derivate dall’azione penale) per ottenere il risarcimento dei danni subiti sotto vari aspetti e delle ingenti spese affrontati in dodici anni di indagini e processo.