Giornata contro le mafie 2019, la studentessa. "Nessuna delle vittime è veramente morta"

Martina Raggini, 17 anni, protagonista a Ravenna al corteo indetto in ricordo degli innocenti che hanno perso la vita

L’alunna Martina Raggini del liceo classico Monti

L’alunna Martina Raggini del liceo classico Monti

Cesena, 22 marzo 2019 - Anche gli studenti di alcune scuole superiori cesenati erano presenti ieri a Ravenna (scelta a rappresentare l’Emilia Romagna, quella nazionale si è svolta a Padova) al corteo indetto per la XXIV edizione della Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie celebratasi in tutt’Italia, organizzata da Libera e da Avviso Pubblico.

Martina Raggini, 3ª C del liceo classico Monti, accompagnata insieme alla classe dall’insegnante di Storia e Filosofia Lucia Bazzocchi, era presente insieme ai suoi compagni. Ecco il reportage che Martina ha scritto per noi sulla giornata, che riportiamo di seguito.

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‘Negli occhi si leggeva la voglia cambiare, la voglia di giustizia che lo portò a lottare’. Sono queste le parole che mi risuonano nella mente appena sveglia, quando ho gli occhi ancora chiusi ma riesco già a vedere i colori delle bandiere e degli striscioni, e sono sempre queste le parole che decido di scrivere nero su bianco sul cartellone che sfoggerò durante il corteo.

Quando io e i miei compagni di classe arriviamo in piazza del Popolo non siamo impreparati: insieme alla nostra professoressa e ad alcuni volontari di Libera ci siamo informati sulle mafie, abbiamo letto numeri, citato persone, ricordato fatti, e, sommando queste nuove conoscenze a quelle già presenti nel nostro bagaglio culturale, piano piano, in noi è scattato qualcosa. Si è sviluppata nelle nostre menti una consapevolezza che ci permette di marciare oggi tutti insieme coscienti dell’importanza di questo evento, e sapendo che su di noi, in questo momento, grava il peso del passato, e la speranza del futuro.

Marciamo perché, anche se non siamo stati testimoni dei fatti, anche se non abbiamo visto il sangue, siamo i garanti della memoria di tutti coloro che, da innocenti, sono stati uccisi brutalmente senz’altra colpa se non il loro amore per la giustizia.

Il silenzio che calava spesso nella nostra aula durante gli incontri con Libera, un po’ causato dallo stupore, un po’ dalla rabbia che quei racconti ci suscitavano, si è trasformato nella vitalità energica e trascinante di chi si è reso conto che il silenzio e l’indifferenza non fanno più parte di lui. Procediamo con passo lento ma deciso, l’uno a fianco all’altro, che esso sia amico o perfetto sconosciuto non importa, perché nessuno di noi cammina col cuore leggero, e proprio per questo ci facciamo forza a vicenda e avanziamo insieme.

Quando il corteo giunge a termine ci riversiamo tutti ai giardini, e mentre i miei compagni si sistemano sul prato, io corro dietro al palco dove si stanno tenendo i discorsi della presidentessa di Libera e dei familiari delle vittime, perché ho un ultimo compito da svolgere. Salgo sul palco, le mani non sudano, le ginocchia non tremano, il cuore batte normalmente. Nella mano destra tengo un foglio con scritti dieci nomi senza volto, davanti a me invece, si estendono a perdita d’occhio seimila volti senza nome. Dieci persone che non ho mai conosciuto, dieci eroi, dieci combattenti, dieci vittime della mafia che oggi vivono nel ricordo e che mantengono viva la storia.

Ho solo diciasette anni e mi stanno dando la responsabilità di riportare in vita un passato di dolore, di ingiustizia ma anche di infinito coraggio, ma nel farlo, il mio corpo è saldo come non lo è mai stato. La via voce si dissolve nel vento, ma non prima di aver lasciato un segno indelebile nelle menti delle persone che mi stanno ascoltando, quelle stesse persone che per le due ore precedenti hanno sfilato insieme a me per le vie di Ravenna: bambini delle scuole elementari, giovani studenti delle scuole medie e superiori, anziani, insegnanti, forze dell’ordine.

Siamo tutti diversi e nessuno è in silenzio. Più di mille nomi vengono letti, tanti da sembrare infiniti, eppure nessuno di loro è veramente morto, perché da oggi, essi sopravvivono in noi, nelle nostre coscienze, e noi impediremo che vengano dimenticati con tutte le nostre forze. Quando ce ne andiamo, abbiamo schiene e piedi distrutti, ma sentiamo di esserci arricchiti, e sorridiamo, perché siamo stati parte attiva di un qualcosa di immenso, e soprattutto perché nessuno di noi ha più paura.

Un ringraziamento speciale va alla professoressa Lucia Bazzocchi, per averci dato l’opportunità di compiere questo viaggio, Franco e Tommaso di Libera, che ci hanno seguiti con una passione e un impegno indescrivibile e la mia classe, 3C del liceo classico Vincenzo Monti, che è stata insieme a me parte di questa avventura, e a tutte le persone che sono scese in piazza rifiutando l’indifferenza, sostenendo la giustizia sociale e facendo memoria della storia.

Martina Raggini