Giovani in fuga dalla professione di avvocato

Calano gli iscritti all’Ordine provinciale e diminuiscono sempre più i praticanti. E tanti cambiano settore: "Non è più remunerativo"

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di Annamaria Senni

Una professione in crisi quella dell’avvocato? Che non stia attraversando momenti di buona salute è difficile non ammetterlo: sia quella penale che difende la libertà delle persone accusate di un reato, sia quella civile che difende il loro portafoglio. Trovare un valido avvocato a cui affidarsi non è mai stato un grosso problema. Trent’anni fa era il paradiso, gli avvocati a Forlì-Cesena erano poche centinaia, avere un figlio avvocato era l’orgoglio dei genitori e la concorrenza era limitata. Poi i numeri hanno iniziato a gonfiarsi, salendo sopra quota mille. Ma sorprendentemente un settore che per anni è sempre stato in crescita come quello dell’attività forense, dal 2020 ha visto un leggero calo dei nuovi iscritti.

Attualmente gli avvocati in provincia sono 916, lo scorso anno erano 919 e nel 2020 erano 920. Ma in calo, soprattutto, sono i praticanti avvocati. I giovani laureati in giurisprudenza iscritti all’ordine per imparare il mestiere, nel 2020 erano 110 in provincia. Oggi sono scesi a quota 92. Perché questa inversione di tendenza? Il problema principale riguarda i giovani che fanno una gran fatica ad affermarsi e a raggiungere una indipendenza economica. Svariati legali si sono cancellati dall’albo, anche dopo anni di attività, per partecipare ai concorsi di pubblica amministrazione, e questo la dice lunga su quello che è oggi la professione dell’avvocato. Mentre una volta essere legali di una banca o di una società era un titolo di merito e una fonte di reddito sicura, oggi i compensi si sono ridotti.

La grande fuga dalla professione di avvocato ha visto 8.707 cancellazioni dall’albo in Italia nel 2021, il doppio rispetto a sette anni fa, il 68,8% delle quali (circa 6.000) relativo a donne avvocati. Circa il 30% degli avvocati fa una valutazione negativa del futuro della professione, il 46,7% non prevede grossi cambiamenti e solo il 23,3% appare più ottimista. Il reddito medio dei professionisti è calato del 6% nel giro di un anno, sotto i 38mila euro. Nel 2021 gli iscritti all’albo degli avvocati in Italia erano 241.830, in media 4,1 avvocati ogni mille abitanti. Un primo esodo dall’avvocatura c’era già stato in occasione del concorso per l’ufficio del processo, ma ci sono state successive emorragie di professionisti, allettati più dal cosiddetto ’posto fisso’ che dalla libera professione all’interno dei palazzi di giustizia.

Ad appendere la toga al chiodo per scegliere la strada del concorso pubblico anche una giovane avvocatessa cesenate, 32enne, le cui motivazioni sono legate prevalentemente ai costi eccessivi che l’attività comporta a fronte di un ridotto riscontro economico.

"Appena ho iniziato l’attività di praticante in uno studio legale dove percepivo solo un rimborso spese – spiega la professionista di Cesena – ho visto subito che c’era molta concorrenza perché gli avvocati erano troppi. In più la professione dell’avvocato ti porta via di casa per molte ore durante la giornata e il lavoro si concilia a fatica con le esigenze di una famiglia con figli. Per me c’era sia un problema di tempo che di sicurezza economica. Per avviare uno studio legale, poi, ci vogliono anni e non hai garanzie di riuscire. Quando ho iniziato la professione ho aperto lo studio con un collega, ma i costi erano alti, in più, anche se ero riuscita ad allargare la mia fetta di clienti, ho dovuto fare i conti con la difficoltà di dover riscuotere i crediti e non poche volte mi sono trovata a che fare con clienti insolventi. Così appena mi si è presentata l’occasione ho fatto un concorso per entrare in un ente pubblico e l’ho vinto. Ho deciso di abbandonare definitivamente la professione di avvocato scegliendo la garanzia di un reddito fisso e di un posto fisso".