"Giunsi di notte con Anita a Cesenatico..."

L’avventura rivierasca dell’eroe dei due mondi, raccontata dalla viva voce di Garibaldi: "La fortuna mi inviò tal Galapini da Forlì".

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di Gabriele Papi

Cesenatico, 2 agosto, tradizionale festa di Garibaldi: anch’essa ai minimi termini causa coronavirus (anzi, "virus boia!", come sbotta un amico bagnino). Facendo di necessità virtù, l’imbarco di Garibaldi da Cesenatico – una delle pagine del nostro Risorgimento – lo facciamo raccontare allo stesso Garibaldi, visto che ci ha lasciato sincero rendiconto nelle sue memorie.

L’eroe dei due mondi’ non faceva sconti neanche nella scrittura: come quando racconta di aver preso a ‘piattonate’(in romagnolo ‘savarnate’) i marinai riottosi a lasciare il porto nei pescherecci requisiti. Ma andiamo con ordine. Antefatti storici. 1849: è calato il sipario sulla Repubblica Romana, anteprima dell’Unità d’Italia. Garibaldi, a Roma in prima fila, non demorde: vuole raggiungere la Repubblica di Venezia che ancora combatte. Lo seguono in molti, senza paga. Odissea nell’Appennino verso l’Adriatico.

I garibaldini son braccati come lepri, ma Garibaldi è maestro anche di guerriglia: non a caso fu molto amato da un certo Ernesto Che Guevara. A San Marino, che li ospita per un po’, sono rimasti in duecento, laceri ma indomiti. L’Adriatico è vicino.

Con i fedelissimi c’è anche Anita, la bella moglie creola che, scrive Garibaldi, aveva deciso di accompagnarlo: si era fatta tagliare i capelli, vestiva da uomo. Dopo San Marino si cerca il punto della costa più abbordabile. "La fortuna, in cui non ho mancato d’aver sempre qualche fede – testuale, dalle memorie di Garibaldi – mi inviò un individuo: Galapini, giovane coraggioso di Forlì, mi si presentò in biroccio. Mi servì da guida".

Via libera verso Cesenatico: vi giungono alla mezzanotte del 1 agosto. Guardie austriache e gendarmi colti di sorpresa sono disarmati. "Una delle prime misure – dice Garibaldi –, fu quella di intimare alle autorità municipali di dar ordine che fossero messe a mia disposizione il numero di barche necessario".

Saranno requisiti 13 bragozzi. Problema: c’è burrasca, onde grosse alla bocca del porto. "Qui mi valse l’arte mia marinaresca", precisa Garibaldi con descrizioni dettagliate per gli amanti della nautica. Altro problema, i pescatori precettati hanno poca voglia di prendere il mare. "Si dovette spingerli a piattonate... Il giorno era già avanzato quando salpammo da Cesenatico. Tempo abbellito e vento favorevole".

La quiete dura poche ore. Navi austriache attendono la flottiglia davanti la punta di Goro, cannoneggiano. Quasi tutti i bragozzi si arrendono, ma Garibaldi con il fido Capitan Leggero e Anita riesce a approdare a Magnavacca. Anita, febbricitante e incinta, muore il 4 agosto in terra di Romagna: a molte bambine romagnole verrà dato il nome di Anita. Una spettacolare trafila di patrioti porterà Garibaldi a salvamento sul mar Tirreno. Quella ‘fuga per la libertà’ entusiasmerà i democratici di tutto il mondo: Garibaldi è già un mito. E la lotta per l’Italia libera e unita entrava nel vivo. Non dimentichiamolo mai.