
Il fenomeno Hikikomori prende il nome dal termine giapponese che indica la volontaria esclusione sociale
Prende il nome Hikikomori, dal termine giapponese che indica un’esclusione volontaria dalla vita sociale, il fenomeno del ‘ritiro’ dei giovani dalla società che sta diventando preoccupante anche in Emilia-Romagna, dove i dati aumentano di anno in anno. "La situazione è allarmante anche a Forlì e Cesena – dice la psicologa Luana Valletta, vicepresidente dell’ordine degli psicologi dell’Emilia-Romagna e oggi candidata alla presidenza – sempre più adolescenti scelgono di isolarsi, rinunciando alla scuola e ai rapporti sociali. Bisogna investire in psicologia".
Il fenomeno degli hikikomori è stato preso in considerazione da una recente ricerca della Regione, resa possibile grazie al contributo dei servizi e degli enti di formazione professionale che hanno raccolto i dati. Lo studio ha individuato 762 casi segnalati in regione nel 2023. A Forlì-Cesena le segnalazioni sono state 86, pari all’11,2% del totale regionale. Nel distretto di Cesena Valle del Savio i ragazzi che nel 2023 hanno sofferto di ritiro sociale sono stati 23, mentre nell’area del Rubicone i giovani segnalati sono stati 19.
"Il ritiro sociale non è solo un disagio individuale – spiega la psicoterapeuta Luana Valletta – ma è il sintomo di un malessere profondo che riguarda sempre più adolescenti. Le ragazze e i ragazzi sentono sulle loro spalle il peso di una società che li vuole tutti ‘eccellenti’, che impone standard di successo senza lasciare spazio alle fragilità. Hanno paura di fallire e avvertono una costante sensazione di frustrazione. Sentono di ‘non farcela’ e smettono di uscire, di andare a scuola e di relazionarsi".
"I ragazzi e le ragazze ritirati in loro stessi - spiega poi la psicoterapeuta Valletta - possono avere disturbi di diversa natura e non necessariamente si tratta in modo esclusivo di diagnosi di fobia scolastica o sociale. Anche per questo motivo si è ritenuto importante effettuare una rilevazione mirata ed indagare il fenomeno nelle sue sfaccettature".
Secondo l’indagine condotta nei servizi territoriali e negli enti di formazione professionale, la fotografia che è derivata è quella di un fenomeno in crescita e con caratteristiche ben definite: maschi e femmine sono colpiti in egual misura. Un picco maggiore del fenomeno riguarda la fascia 15-16 anni (38,3%) ma con un inizio significativo a partire dai 12 anni. Il 44% dei ragazzi segnalati ha smesso di andare a scuola (di cui il 73% in età di obbligo scolastico) e in tutti i casi si registra un uso pervasivo del digitale. I disturbi associati più frequenti sono ansia (33,5%) e depressione (16%), ma nel 32% dei casi non emergono patologie specifiche.
"I numeri sono preoccupanti – commenta la dottoressa Valletta – questa è un’emergenza che va affrontata su più livelli. Non possiamo permettere che quasi la metà degli adolescenti in ritiro sociale, chiusi nelle loro case e nelle loro camere, smetta di frequentare la scuola senza un intervento mirato. Bisogna agire subito, rafforzando il supporto psicologico nelle scuole e formando gli insegnanti affinché possano riconoscere i primi segnali di disagio".