"Ho visto il treno travolgerlo nel campo, non ho potuto far nulla"

"Quel giorno ho sentito il fischio del treno e un attimo dopo ho visto il corpo del bracciante a terra senza vita". Una testimonianza agghiacciante quella del titolare di un’azienda agricola di Gatteo, accusato di omicidio colposo e difeso a processo dall’avvocato Alessandro Sintucci, per la morte di Mohammed Dakil, 30 anni, bracciante di origini marocchine. Era il 27 maggio del 2011 quel giorno.

Il 30enne lavorava come sempre in quel campo di patate. Ai confini del terreno c’era un fossato e i binari della ferrovia che ancora oggi dividono in due una vasta area agricola.

Per andare da una parte all’altra del fossato i dipendenti erano soliti utilizzare una pedana in legno posta proprio sopra le rotaie. Questo è emerso in udienza, davanti al giudice di Forlì, dalle numerose testimonianze dell’accusa.

I testimoni della difesa, dal canto loro, hanno sostenuto ieri che non c’era nessuna pedana e che, per passare da una coltivazione all’altra (e cioé dal campo di zucchine a quello di patate) i braccianti avevano a disposizione una bicicletta e un furgoncino. Quel giorno Mohammed Dakil mentre attraversava quel confine sfidando la fortuna con un salto sulle rotaie, non si accorse che stava arrivando il treno. Un convoglio che viaggiava sulla Bologna–Rimini, che lo travolse in pieno. Rinvio al 6 ottobre.