I ‘bracciatellai’ che scendevano da Longiano

I venditori ambulanti di dolci erano figure consuete fino ai primi del Novecento. Poi dalla ‘brazadela’ si passò al bombolone

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di Gabriele Papi

"Pianzì pianzì burdèl che la mà l’av cumpra i brazadel", piangete bambini che la mamma vi compra i bracciatelli: era l’antico richiamo dei venditori di bracciatelli. Poi riadattato dai venditori ambulanti d’un tempo dei bomboloni alla crema, golosità da spiaggia (da non confondere, per favore, con i krapfen austriaci, buoni anch’essi ma originariamente con altro impasto e altro ripieno, confettura d’albicocche). Torniamo ai nostri bracciatelli, ciambelline dolci con il buco, specialità della pianura e delle colline cesenati, una delle gustose varianti di questo dolcetto da forno dalla storia secolare: bracciatello viene dal tardo latino ‘braciadelus’, come un braccialetto. E’ lui il progenitore della ciambella: lo dimostra il detto. ancora corrente "non tutte le ciambelle riescono con il buco".

La saporosa immagine che proponiamo ai lettori al centro della pagina è un disegno di Annibale Carracci, metà del 1600, tratto da ‘Le arti a Bologna’, i mestieri popolari.

Anche da noi, fino al primo Novecento, i venditori ambulanti li vendevano così, inanellati nei rami d’un tronchetto d’albero. Non era soltanto una tecnica di vendita era anche una precauzione igienica: l’acquirente prendeva il suo bracciatello senza stropicciarne altri. I ciambellai scendevano un tempo da Longiano, borgo rinomato per i suoi bracciatelli. Era tradizione cesenate diffusa (che ancora oggi resiste, anche se meno d’un tempo) offrire bracciatelli beneauguranti in occasione di battesimi e di cresime. In quest’ultimo caso i bracciatelli da inzuppare nella cioccolata in tazza, dopo la cerimonia, erano la disperazione delle mamme perché bambine e bambini, giustamente golosi, si ‘sbruvaldavano’, si macchiavano di cacao colante i vestitini della festa. In ogni caso questi dolcetti, gustosi e salutari più delle merendine di successo, sono buoni tutto l’anno e per ogni età. Gustoso è già acquistarli nei forni artigiani che ancora li propongono. Tanto più che i bracciatelli ‘artigiani’ saranno diversi da un forno all’altro, poiché ogni fornaio ha i suoi piccoli segreti, quanto ad ingredienti: ed è questa la marcia in più, insieme alla freschezza, dei prodotti artigianali rispetto ai prodotti industriali, dal sapore omologato e con inevitabili conservanti.

Infine, a proposito del ‘pedigree’ storico dei bracciatelli ecco questa chicca ritrovata nelle nostre spigolature in Archivio di Stato. Il ‘Capitolo del dazio’ di Cesena dell’anno 1633, prescriveva con precisione che i ‘confortini o bracciatelli’ debbano essere "buoni, ben conditionati (confezionati) senza fraude (frode) alcuna, con miele schietto". Chiaro l’avviso: miele schietto, non annacquato o peggio. Del resto adulterazioni, furbate e frodi alimentari sono antiche come il cucco: ad esempio, già negli antichi Statuti Malatestiani si prescriveva che il pesce non più fresco doveva avere la coda tagliata, e minor prezzo. Con pene salate per i contravventori: due terzi della pena pecuniaria inflitta andavano nelle casse pubbliche, un terzo a chi aveva segnalato la frode. Anche la verifica d’una buona cottura del pane doveva essere fatto con bastoncini già predisposti : chi toccava il pane con le mani doveva acquistarlo, e poche storie.