Ucraina, imprenditore di Cesena: "I nostri dipendenti hanno preso le armi"

Il presidente di Oikos, Balestri: "Ci mandano video agghiaccianti. C’è paura e voglia di resistere. Noi li sosteniamo da qui come possiamo"

Il presidente di Oikos, Balestri

Il presidente di Oikos, Balestri

Il suono delle sirene pervade ogni parte del corpo, quel forte boato assordante arriva all’improvviso e mette in allerta da una nuova imminente esplosione. È lì che la paura sale. Bisogna mettersi al riparo, nei rifugi. I dipendenti dello showroom di Oikos, a Kiev, una decina tra uomini e donne, ora vivono nei sotterranei, nella metro, nelle cantine. come tutti. La sede in Ucraina di Oikos, dove sono esposti i prodotti dello stabilimento che ha la sua produzione a Gatteo Mare, è chiusa da giorni.

"Due dirigenti italiani che si trovavano a Kiev quando è scoppiata la guerra sono riusciti a rientrare dopo un lungo ed estenuante viaggio in macchina di cinque giorni – racconta Claudio Balestri, presidente dell’azienda di vernici ecologiche fondata a Gatteo Mare – , le persone del posto che lavoravano in ufficio a Kiev sono rimaste lì. Tra i miei collaboratori, gli uomini e i ragazzi ora combattono sul fronte, mentre le donne portano cibo e medicinali e hanno imparato ad assemblare molotov nei laboratori improvvisati".

Tutto si improvvisa. Tutto è chiuso e bloccato, non c’è più nulla di aperto. Si esce solo qualche ora al giorno per andare a prendere i viveri e portarli a chi ne ha bisogno. E la notte si dorme poco, la mente si abbandona solo per qualche ora. "I primi giorni c’era paura tra i miei dipendenti, ora c’è la voglia di combattere e vincere – continua Balestri –, è subentrato l’orgoglio e il desiderio di sconfiggere l’avversario". Ma a volte lo smarrimento prende il sopravvento perché sono tante, troppe, le immagini devastanti che quegli uomini e quelle donne, e anche i bambini, hanno impresse nelle loro menti: l’inferno si ripete da giorni.

"Un mio collaboratore mi ha mandato un video agghiacciante – continua Balestri – ha visto un edificio di fronte alla sua casa a Gostomel, una città vicino a Kiev, crollare davanti ai suoi occhi dopo che era stato bombardato. Il destino di quel popolo è sempre più incerto, finita la guerra si ritroveranno con un pugno di macerie".

Gli edifici crollano al suolo e poi si scava per ore a mani nude, attenti a captare un gemito, un respiro tra la polvere, i detriti, i vetri rotti e quel niente che resta dopo le esplosioni. "Una mia collaboratrice, madre di un bambino di due anni e di uno di sette, è disperata perché il marito è stato chiamato sotto le armi – continua Balestri – ha cercato di fuggire, ma non è riuscita a passare il confine. Piangeva al telefono. Rimane nascosta nel rifugio con i due bambini assieme ad altra gente".

Ora l’azienda sta mobilitando risorse per poter aiutare la popolazione e assistere i profughi verso l’Italia. Balestri è stato uno dei primi imprenditori italiani a sbarcare in Ucraina, ma ora i piani sono da rivedere. "In Ucraina avevamo un fatturato di 600 mila euro all’anno – prosegue Balestri - ed è ovvio che quello non si farà più. Ma cercheremo di vendere da un’altra parte. Il fatturato non è un problema, il problema sono le vite umane".