"I tatuaggi sono la mia vera identità"

Sara Usberti, tatuatrice di 38 anni, solo sul viso pochi centrimetri di pelle liberi dai segni. "Il ‘total body’ per me è stata una terapia"

La donna tatuata

La donna tatuata

Cesena, 11 giugno 2022 - Bisogna andare oltre la curiosità un po’ morbosa che ispira un corpo così manipolato per capire quella che può sembrare solo una bizzarria. E si scopre che Sara Swati Usberti, cesenate, 38 anni, laurea in materie letterarie, un passato da docente, non è solo una persona che ha conservato pochi centimetri di pelle liberi da tatuaggi: ha una visione dei segni indelebili sulla pelle che vale la pena di ascoltare. Sara, ci spieghi perché non ha concesso al suo corpo che pochi centimetri di pelle non tatuata.

"Il percorso verso il total body è stato una sorta di terapia, di riacquisizione del mio corpo. Non mi sono mai piaciuta".

Si piace ora?

"Piacersi è un concetto impegnativo. Ma questa sono io, non mi accorgo quasi più dei miei tatuaggi. Ho iniziato nel 1997 e oggi ho finalmente una consapevolezza diversa del mio corpo. Alcuni tatuaggi sono stati coperti dal nero, ed ho fino a 5 sovapposizioni. Avevo troppi colori e non mi riconoscevo più, c’è stata una evoluzione verso il nero e il tribale, più vicino alla mia natura. Credo di avere dei legami con l’Africa, ho sentito delle vibrazioni forti riportando quei segni, soprattutto quelli sul volto".

Cos’è che è rimasto senza tatuaggi?

"Nulla, solo quello che si vede del viso".

Ma lei, sotto ai tatuaggi, vuole nascondersi?

"E’ quello che dice mia madre, in realtà ho reso il mio corpo un manifesto. Prima ero ipertimida e ho anche sofferto di bullismo, di anoressia e di una sensibilità abnorme, ricreare la mia immagine mi ha aiutata molto".

Cosa prova quando cattura inevitabilmente gli sguardi?

"Sono in imbarazzo. Penso che mi guardino più per le dimensioni del mio fondoschiena che per i tatuaggi che, infine, sono un tentativo di deviare gli sguardi".

Quanto dolore?

"Tanto. Io poi non uso anestetici poiché sono convinta che il dolore debba far parte del tatuaggio".

In che senso?

"Siccome è un passaggio importante occorre anche sentirlo fisicamente. Non esiste il passaggio senza dolore. Cerco di evitare le creme anestetiche anche con i miei clienti, se c’è dolore si sopporta insieme e in genere sono d’accordo. Ho utilizzato anestetici al mio quinto strato sulla schiena, che mi ha causato dolore forte anche per l’allergia ad alcune sostanze, ma non va bene. E’ come trovarsi adulti senza aver vissuto l’adolescenza".

Ma, il quinto strato, non è masochismo?

(Ride a lungo) "E’ un passaggio…Qui sul petto, ad esempio, mi sono fatta un portale su altri tatuaggi, eravamo in pandemia e avevo bisogno di un cambiamento. La pelle racconta di noi".

Cosa ha in mente ancora?

"Non lo so. Sto pensando ai piedi, vorrei rifare qualcosa. Ma prima devo trovare il coraggio di rimettere mano alla schiena, che già è stato un evento piuttosto traumatico. Il tatuaggio è come una droga, è difficile fermarsi ma la sfida contro il dolore è galvanizzante. A me, però, piace vivere, questa sfida non è un rifiuto della vita".

E i vari piercing che ha in viso?

"Il piercing è adrenalina. Quando ho bisogno di scaricare adrenalina mi foro, e provo la stessa sensazione quando la pratico sugli altri. Il bello è che li puoi rimuovere. Ma non quello che ho sotto al labbro, che mi farebbe perdere saliva se non lo otturassi. Non lo rifarei". (Ride di gusto).

Cosa le dice il suo compagno, che di tatuaggi non ne ha?

"Si è sentito attratto dalla mia particolarità ma dopo pochi minuti è andato al di là dell’aspetto".