Per la decima volta, in 32 anni, la giustizia si arrende. Il giudice delle indagini preliminari del tribunale di Forlì, Massimo De Paoli, ha disposto l’archiviazione del procedimento sulla scomparsa di Cristina Golinucci, accogliendo la richiesta del pubblico ministero Laura Brunelli e rigettando l’opposizione della famiglia. Il giudice ha motivato l’ordinanza dicendo che le indagini sulla scomparsa di Cristina Golinucci sono state estese e articolate e hanno consentito di approfondire ogni possibile traccia, e per questo vanno archiviate. Ma l’indagine potrà essere riavviata qualora emergessero nuovi elementi. E’ impossibile, secondo il gip, sulle basi attuali arrivare alla verità su Cristina Golinucci, scomparsa a Cesena il primo settembre del 1992, dopo aver lasciato la macchina nel parcheggio dei Frati Cappuccini. "Sostanzialmente lo Stato ci dice di arrangiarci – ha detto l’avvocata Barbara Iannuccelli che sostiene la madre di Cristina, Marisa Degli Angeli – il giudice ritiene che è impossibile rintracciare Emanuel Boke, che si trova in Francia sotto falso nome, ricercato per reati di violenza sessuale. La palla passa a noi, e noi dovremo rintracciare Emanuel Boke. Ci attiveremo da subito. Raccoglieremo testimonianze e proseguiremo da soli le indagini. Andremo anche nei boschi di Montepetra, dove un frate (il sospetto era che fosse padre Lino, ma non è stato riconosciuto, ndr) è stato visto entrare insieme a una ragazza e dove poi sono stati ritrovati dei sacchi neri maleodoranti".
Nell’ordinanza di archiviazione emergono le piste analizzate che non hanno portato al proseguimento delle indagini. È sfumata la pista di un ’infermiere, tra i sospettati della scomparsa di Cristina, che ha detto che non conosceva la ragazza. E’ stata analizzata la pista di un ‘predatore sessuale’ di 60 anni, un uomo ben inserito nelle organizzazioni cattoliche, che conosceva Cristina, come è emerso dai diari del 1988 della giovane. Le intercettazioni a suo carico non hanno prodotto risultati. E’ stato anche riaperto un procedimento penale scaturito a seguito della morte di Chiara Bolognesi, scomparsa il 7 ottobre 1992 e ritrovata morta il 31 ottobre di quell’anno nel fiume Savio. La scelta scaturiva dall’identità di alcuni fattori tra i due procedimenti, ovvero il fatto che le due ragazze erano scomparse a brevissima distanza l’una dall’altra e entrambe frequentavano gli ambienti della parrocchia e del volontariato. Anche qui nulla di fatto. Si è proceduto con le perquisizioni nel convento, con l’aiuto di georadar, ma anche queste non hanno prodotto alcun risultato. Altra figura centrale è quella di Emanuel Boke. Padre Lino aveva raccolto le confidenze di Boke che aveva affermato di essere stato lui l’autore della sparizione di Cristina. Accompagnando tale dichiarazione con un pianto e la richiesta di perdono per quello che aveva fatto. Poi, i giorni seguenti, Boke aveva ritrattato tutto. "Sono stati attivati canali di cooperazione internazionale mediante l’Interpol – si legge nell’ordinanza – da cui si poteva apprendere che Boke era stato condannato in Francia per reati a sfondo sessuale commessi nel 2017. Le autorità estere non fornivano elementi ai fini dell’individuazione di Boke". Nessun accertamento poi, è stato possibile fare nella zona dove sono stati trovati i sacchi neri maleodoranti, a causa di una frana legata all’alluvione del 2023. All’epoca, osserva il gip, era consuetudine gettare resti di animali nei boschi, per cui chi vide la scena non le diede peso.