Il Mussolini cesenate? Un ‘barbaro socialista’

Così si definiva l’allora direttore del giornale rivoluzionario ‘La lotta di classe’ che si ispirava più a Nietzsche che a Marx

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di Gabriele Papi

Il giovane Mussolini a Cesena e dintorni. Seconda puntata dopo l’interesse suscitato dal nostro ‘pezzo’ di domenica scorsa. Uno spicchio di storia locale che prefigura quella nazionale, vicende note a una ristretta cerchia di addetti ai lavori, non al grande pubblico. E non a caso: è una storia politicamente imbarazzante, sia per la destra sia per la sinistra.

Il giovane Mussolini socialista rivoluzionario, proprietario e direttore de ‘La Lotta di Classe’, settimanale provinciale, fu un socialista molto ‘sui generis’. Il giovane Benito è sedotto, più che dal marxismo che conosce per slogan, dalla violenza rivoluzionaria e dall’azione diretta teorizzate da Sorel, e dal ‘superuomo’ di Nietzsche che sta al socialismo come i cavoli a merenda. Il suo torbido idealismo trabocca dai suoi scritti. "Io ho del socialismo una nozione barbara… Lo immagino come il più grande atto di negazione e distruzione che la storia registri, che non distingue, che non patteggia, che non si mortifichi. Avanti, nuovissimi barbari! Al di sopra e contro monarchie, repubbliche e tutti gli sfruttamenti borghesi" (La Lotta di Classe, n. 14, 1910).

Proprio a Cesena, Forlì e Romagna, Mussolini fa il suo apprendistato come seduttore di folle, sempre con claque al seguito. Anche a Cesena trova adoratori e vassalli, come Nicola Bombacci (occhio a questo personaggio: ci ritorneremo tra poche righe) che nel 1910 è segretario della Camera del Lavoro di Cesena.

Sarà proprio Bombacci a tirargli la volata per uno dei comizi cesenati più famosi: la commemorazione al Teatro Giardino (oggi Verdi) di Pio Battistini, il primo duce del socialismo cesenate (Bombacci lo definisce così) ucciso in pieno centro vent’anni prima, il 7 settembre 1891, da ‘Barcioclìn’, sicario repubblicano sceso dalle miniere della Boratella.

Quel comizio, in un teatro colmo come un uovo, sul palcoscenico il busto di Pio Battistini tra una selva di bandiere rosse da tutta la Romagna, sarà pubblicato in un opuscolo allegato alla ‘Lotta di Casse’. Mussolini è già molto abile a promuovere se stesso.

Ma torniamo al crocicchio cesenate: la collaborazione di Nicola Bombacci, personaggio dalla bizzarra traiettoria politica. Romagnolo, di Civitella di Romagna, coetaneo di Mussolini e come lui maestro elementare, socialista intransigente, barba fluente. Nel 1921 sarà tra i fondatori del Partito Comunista d’Italia, deputato comunista poi espulso dal partito per i suoi ammiccamenti al socialfascismo che pure l’aveva perseguitato. Tornerà da Mussolini al potere che gli permetterà di dirigere una rivista civetta: ‘La Verità’ (Pravda, in russo, significa verità).

Bombacci resterà con Mussolini sino all’ultimo. 28 aprile 1945: la colonna del duce e dei gerarchi in fuga verso la Svizzera (insieme a tedeschi armati sino a denti che non muoveranno un dito per salvare Mussolini, travestito da soldato germanico) viene bloccata dai partigiani a Dongo. E’ l’atto finale, con fucilazione.

Il giorno dopo ci sarà anche Bombacci con Mussolini, la Petacci ed altri, tra i cadaveri appesi nella macabra esposizione di Piazzale Loreto, a Milano. Roba da ‘macelleria messicana’, commenterà subito Ferruccio Parri, comandante partigiano di ‘Giustizia e Libertà’.