Il romanzo criminale del feroce Passatore

Storie di briganti tra la via Emilia e il west traditi e uccisi dai loro compari: dal famigerato Stefano Pelloni a Francesco Ceccaroni

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di Gabriele Papi

Tra la via Emilia e il West (e non solo). Interessanti analogie tra briganti accoppati da loro compari ingolositi dalle taglie, poi esposti al pubblico “ad ammaestramento dei malvagi e tranquillità dei buoni”. Ottobre 1827: il brigante omicida Francesco Ceccaroni, detto Antugnòl, grazie a una trappola tesa da un suo compare, viene freddato vicino al Convento dei Cappuccini. Il suo cadavere sarà esposto su una sedia in Piazza Grande, a Cesena: come da rituale del tempo, ancora non c’era la fotografia. Salto spazio- temporale. 1882: Jesse James, il bandito più ricercato d’America viene ucciso da uno della sua banda; per il killer 10.000 dollari e l’impunità. La fotografia della salma di James in una cassa da morto farà il giro nelle prime pagine degli oltre 3000 giornali degli Stati Uniti, già allora. Ancora, in tempi più vicini a noi: 5 luglio 1952 in Sicilia, Castelvetro di Trapani, termina la carriera criminale di Salvatore Giuliano, bandito super ricercato. La foto del suo cadavere (la tv non c’è ancora, figuriamoci Internet) rimbalza su tutti i giornali. La tesi ufficiale iniziale: ucciso in un conflitto a fuoco dai carabinieri, non regge la prova dei fatti. Il bandito, che aveva sulla testa 50milioni di taglia, fu freddato dal cugino e compare Salvatore Pisciotta, cui era stati promessi altri “superbonus” giudiziari. Poi Pisciotta, che si allargava troppo nelle sue dichiarazioni processuali, fu eliminato in carcere con un caffè alla stricnina. Capita spesso che le storie nostrane ( briganti e cronaca nera compresa) siano una finestra sul mondo, non solo sul cortile di casa.

Esemplare al riguardo la storia romagnola del mitico quanto feroce Passatore: che avesse sulla testa una taglia trenta volte superiore a quella di altri componenti la sua banda suonava come un invito ai “bounty killer” in terra di sangiovese. Solo che un tipaccio come Stefano Pelloni andava preso con le molle: all’esordio della sua carriera non s’era limitato ad accoppare di persona una spia, l’aveva anche squartata, lasciandone la testa sulla strada, disseminando intorno gambe, braccia e genitali dello sventurato appesi in una celletta religiosa (gennaio 1848, Granarolo Faentino). Anche nel suo caso, tuttavia, alla fine funzionò l’antica tattica del capitano pontificio Michele Zambelli: sgominare, grazie a taglie e delazioni di “pentiti”, la fitta rete di complici e manutengoli prezzolati che copriva i briganti, per combatterli all’aperto. Il primo a cantare come un canarino fu il brigante forlivese Gaetano Morgagni detto “Fagotto” : se la caverà con dodici anni di carcere invece della fucilazione. Grazie alle sue rivelazioni saranno arrestati decine di complici (una dozzina nel cesenate) e smascherati nascondigli. Ormai, nel marzo del 1851,i briganti erano selvaggina braccata. Il Passatore sarà beccato proprio in un capanno di caccia: ferito, poteva essere preso vivo ma terrorizzava tanto che fu finito con un colpo alla nuca. Poi il suo cadavere insanguinato sarà trasportato in un carretto, macabra esposizione itinerante, sino a Bologna: perché tutti vedessero che il Passatore era davvero stato eliminato. Era morto un brigante: stava già nascendo una leggenda, un romanzo criminale.