"Io leghista? No, imprenditore preoccupato"

Bruno Piraccini (Orogel) ospite della festa del partito: "Un’occasione per parlare di problemi concreti con l’ex ministro Zaia"

Migration

di Elide Giordani

"Leghista io? No. Anzi, pur educatamente, sono andato a cantargliele a Zaia. Soprattutto in tema di immigrazione". E’ più o meno questo il pensiero di Bruno Piraccini, vertice indiscusso di Orogel, l’azienda dei surgelati che rende orgogliosa Cesena, che ieri sera a Milano Marittima era sul palco della Festa della Lega, assiso tra un ministro ed un segretario del Carroccio.

Piraccini, nessuna partecipazione di appartenenza, dunque?

"Assolutamente no. Ho rappresentato un’azienda del territorio che vive le problematiche tipiche del settore agricolo e del Paese. Ho acconsentito a partecipare proprio per la presenza di Zaia, che è stato ministro dell’Agricoltura e che in quella veste, a suo tempo, è venuto a Cesena a visitare Orogel". Avrebbe accettato anche di essere sul palco della Festa dell’Unità?

"C’ero, non sul palco. Ho incontrato l’onorevole De Micheli e abbiamo parlato a lungo".

Che ruolo può avere un uomo d’azienda come lei nell’indirizzare la politica alla soluzione dei problemi?

"Noi delle imprese abbiamo così tante istanze da presentare ai politici che l’occasione elettorale non va ignorata. Inutile lamentarsi dopo per le promesse mancate".

Quali sono queste istanze?

"La carenza di manodopera, frutto di politiche nazionali discutibili, tanto per cominciare. Un problema che si lega al reddito di cittadinanza, sul quale sono d’accordo con Draghi: può risolvere casi estremi ma in questo momento, soprattutto nelle nostre aziende al sud, i prodotti restano sul campo perché c’è gente che preferisce non andare a lavorare, anche laddove si applicano contratti in regola. Insomma è un provvedimento giusto che, però, va corretto".

Vogliamo parlare di immigrazione?

"Non è un problema in sé, ma come andrebbe gestita, ossia con investimenti nella formazione, nelle strutture per l’ospitalità, nella possibilità che i lavoratori restino qui per un tempo determinato che consenta loro di guadagnare per investire, poi, nei loro Paesi. E non illudiamoci sui migranti dell’Est, che hanno territorio ricchi quanto i nostri, è con l’Africa che dobbiamo fare i conti".

Lei non si è schierato pubblicamente in questi anni. Ci sono formazioni nelle quali si riconosce?

"Sono cresciuto negli ambienti cattolici di San Vittore. Quello è il mio circuito. Ma un imprenditore non deve schierarsi, il suo compito è quello di fare fino in fondo e bene il proprio mestiere. Il sindaco Pd Preger mi chiese di accettare un assessorato, da esterno. Neppure allora mi sembrò il caso di accettare".

Ma lei non ha un passato di vicinanza con il Psi?

"Un’attribuzione inesatta, mutuata dalla mia collaborazione con le cooperative che furono alla base del gruppo Fruttadoro. Il partito non c’entrava nulla, era il presidente dell’epoca che si muoveva in quell’area. Non ho mai avuto un’appartenenza politica funzionale".

Però, da quello che dichiara pubblicamente Andrea Rossi, oggi capo dell’opposizione, è stato lei l’artefice della sua discesa in campo per il centro destra contro il centrosinistra.

"Non è così. Avrò detto, a domanda, che faceva bene ad accettare quella sfida. Quando si occupano certe posizione si fa presto a finire strumentalizzati. Non mi sognerei mai di lanciare una formazione politica contro un’altra".

Che posizione assumerà, dunque, in questa campagna elettorale?

"Ogni formazione politica lo sa: la nostra azienda elargisce uguale finanziamento a tutti quelli che ce lo chiedono. Sono cifre a bilancio. Siamo convinti che ogni partito debba avere la medesima opportunità di elaborate proposte e soluzioni. Poi decideranno gli elettori".

Come ha vissuto la fine del governo Draghi?

"Come una disgrazia dalla quale sarà difficile risollevarsi. La politica va rispettata ma Draghi è stato un valore per l’Italia e avrebbe potuto continuare ad esserlo".