La guerra dei droni vista da una donna

Da stasera al teatro ‘Bonci’ va in scena ‘Grounded’ interpretato da Linda Gennari: "Riflessione sul conflitto ma non solo"

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di Raffaella Candoli

Di straordinaria attualità è lo spettacolo che va in scena al teatro Bonci da oggi a sabato alle 21, e domenica alle 15.30. Si tratta di "Grounded", del drammaturgo americano George Brant, nella versione italiana di Monica Capuani, diretto da Davide Livermore, convinto sostenitore della funzione sociale del teatro pubblico. Prodotto dal Teatro Nazionale di Genova il lavoro ha come unica, intensa protagonista, l’attrice romagnola Linda Gennari. Tradotto in 13 lingue e presentato in 19 paesi, la performance ha bussato alle coscienze del mondo raccontando l’atrocità della guerra condotta attraverso i droni. La scenografia simula, attraverso una piattaforma metallica e luminosa, il volo di un aeroplano F16, e, su di essa la protagonista incarna una top gun dell’aviazione militare americana.

Linda Gennari, la rappresentazione coincide con un momento drammatico di guerra alle porte di casa nostra. Quindi di stretta contemporaneità.

"Non nego che la finzione scenica mi faccia sentire ancor di più la realtà dell’atroce conflitto in Ucraina. Il richiamo emotivo è forte. Ma, non è l’unica guerra nel mondo".

Il testo a cosa si ispira?

"Alla guerra condotta attraverso l’uso dei droni, una strategia ingannevole prevalentemente impiegata dagli Stati Uniti per combattere a distanza e distruggere obbiettivi specifici".

Perché una donna a incarnare la figura del soldato?

"La declinazione al femminile ha diverse valenze: Linda è una donna che ha scelto la vita militare, che ama il suo lavoro conquistato con capacità e determinazione, si è sacrificata per raggiungere quella meta, sconfiggendo pregiudizi e stereotipi di genere, ma sarà la sua maternità il discrimine: ritornata in servizio dopo la nascita della figlia, sarà assegnata a pilotare dei droni nel deserto del Nevada".

Come se la maternità ne riducesse le capacità operative? "Appunto. Eppure la storia ci insegna che le donne italiane nella Resistenza imbracciavano le armi, ma nell’immaginario collettivo sono le staffette, le vivandiere, le compagne dei partigiani. Oggi le donne curde svolgono un ruolo attivo nella guerra contro il terrorismo islamico, ma nei racconti vengono romanzate e nelle foto accostate alla bellezza di Angelina Jolie".

Torniamo allo spettacolo: comandando un drone la soldatessa è assalita dai sensi di colpa.

"La guerra che lei ha combattuto ‘corpo a corpo’ nel blu dei cieli, è uno scontro alla pari, in qualche modo etico. Il drone agisce a tradimento. Da uno schermo grigio, maneggiando un joystick si colpiscono in pochi secondi soggetti piccoli come formiche, identificati come nemici, a centinaia di chilometri di distanza".

E qui insorge l’angoscia di Linda.

"Le hanno detto che è una guerra scientifica, asettica, ma Linda si rende conto che quello coi droni è un altro modo di combattere, non meno distruttivo: il colore rosso, che contraddistingue dal punto di vista termico i vivi dai morti, si spegne quando le figure sullo schermo, che assomigliano a quelle dei videogiochi, vengono colpite. Quel sistema di fare la guerra allontana dalla realtà e dai sentimenti umani".

Lo spettatore esce da teatro ponendosi degli interrogativi sulla giustezza della guerra?

"Credo proprio di sì: ho incontrato spettatori che sono venuti a vedere lo spettacolo più di una volta per meglio riflettere. Il rischio che l’umanità corre è di abituarsi ad immagini virtuali perdendo il senso della realtà. È un voyerismo tragico, o forse un’assuefazione priva di emozioni".