Miriam Mesturino, accreditata interprete goldoniana, sarà sul palco del Plautus Festival di Sarsina, stasera alle 21.30, con una convincente, frizzante, ma determinata Mirandolina, ovvero "La locandiera" di Carlo Goldoni. Cavallo di battaglia di grandi donne del teatro: da Rina Morelli a Valeria Moriconi, da Annamaria Guarnieri a Carla Gravina, oggi "La locandiera" per eccellenza è Miriam Mesturino, che da ben 13 anni ne ricopre il ruolo con la compagnia Torino Spettacoli, per la regia di Enrico Fasella; scene di Lele Luzzati. Donna manager ante litteram, Mirandolina è abile nel rapportarsi al variegato mondo rappresentato dalla sua clientela: il conte parvenu; il marchese decaduto; la coppia di amiche Ortensia e Dejanira, il cavaliere che detesta le donne ma finirà per cadere nella trappola della Locandiera e Fabrizio, cameriere e di lei innamorato. Questa è l’unica commedia goldoniana, scritta nel 1752, interamente in italiano, ed è definita il più bel e divertente testo del commediografo veneziano che la ambienta a Firenze.
Miriam Mesturino, dopo tanti anni nel ruolo, Mirandolina è parte di lei?
"Come non amare Mirandolina che Goldoni ha tratteggiato in maniera mirabile, perché oltre a essere un personaggio costruito per conquistare la simpatia del pubblico, è un esempio di come usare la propria femminilità con intelligenza. Mi rendo conto di quanto raccolgo come attrice, nei favori del pubblico, nella sua interpretazione. Replica dopo replica, a dicembre sarà il 14esimo anno, il personaggio si affina, si sedimenta e mi mostra sfaccettature di quello charme femminile che sa fin dove potersi spingere nell’aver ragione sull’ottusità del cavalier di Ripafratta, salvaguardando la propria onorabilità".
Mirandolina ha un’intesa, un dialogo col pubblico.
"Già, lei ha dei monologhi rivolti agli spettatori che sono vere e proprie riflessioni: alla fine della commedia fa un atto di pubblico pentimento. Dice di essersi finora divertita, ‘mi sono arrischiata un poco troppo, ma ora che cambio stato (civile) voglio cambiare costume’. Lei dà vita a un corteggiamento da donna ad uomo. La sua è una scommessa a difesa del sesso femminile, ma sa quando arrestare la sfida; pur essendo economicamente indipendente, Mirandolina è pur sempre una borghese e non potrebbe convolare a nozze con un cavaliere. È una questione di classe sociale e quell’amore non ufficiale sarebbe disdicevole. Il testo è molto moderno, ma pur sempre del 1700".
Nel cast, insieme ad attori professionisti ci sono allievi della scuola Erba, creata da sua madre e ad essa intitolata.
"Ci sono un neodiplomato e un allievo del quarto anno, perché a Torino esiste l’unico liceo teatrale italiano parificato, nato in origine come liceo privato coreutico, liceo artistico e il terzo indirizzo è appunto quello teatrale; in tutto conta 150 allievi. Gli studenti vengono spesso coinvolti nelle produzioni Torino Spettacoli e si fanno le ossa con produzioni che li portano in tournée con esperienze nei più bei teatri italiani. Si tratta di una palestra importante. Io sono severa nell’insegnare la disciplina di palcoscenico che ho appreso oltre che all’accademia d’Arte drammatica a Roma, nei sette anni di compagnia con Ernesto Calindri, uomo squisito, generoso coi giovani, ma che esigeva disciplina assoluta. Poi magari passata un’ora me li abbraccio".