"La mia azienda agricola? È un laghetto"

Mario Righi a Provezza ha convertito parte della sua tenuta a macchia-radura e prato umido per un progetto di recupero ambientale

La mia azienda agricola? È un laghetto

La mia azienda agricola? È un laghetto

di Raffaella Candoli

Un lago dalle sponde dolcemente declivi dove nuotano diverse anatre, e un boschetto dal quale giungono cinguettii di uccelli. Sono questi insoliti elementi della natura, a colpire favorevolmente il visitatore dell’Azienda Agraria Righi, nella frazione di Provezza, la prima in Provincia ad avere convertito, 4 dei 50 ettari della propria tenuta, a macchia-radura e a prato umido: un’azione recente che recepisce i "Programmi di sviluppo rurale" promossi dalla Regione per creare o ripristinare habitat naturali. Un investimento a discapito del profitto, a favore invece dell’ambiente, della fauna e flora selvatiche depauperate negli anni da pratiche di coltivazione intensive. "Questi terreni – spiega Mario Righi – appartengono alla mia famiglia da generazioni. Ai tempi dei miei nonni l’azienda era una delle più moderne e rappresentava un esempio pilota nell’allevamento di bovini da carne, maiali e galline ovaiole. Tant’è che veniva visitata da politici e varie personalità. La grande estensione consentiva anche coltivazioni a frutteto e piante orticole. Sul terreno sono state anche edificate una casa padronale ed una contadina, ed è questo il luogo delle vacanze estive e dei ricordi più belli dell’infanzia". Mario Righi, 67 anni, laureato in Scienze agrarie, per una decina d’anni docente di materie tecniche negli istituti Garibaldi-Da Vinci, proprio praticando la campagna e insegnando una materia introdotta da appena cinque anni ovvero "Gestione dell’ambiente e del territorio", si è reso conto che gli obbiettivi di massimizzare le produzioni andavano perdendo la priorità dei decenni trascorsi, e l’ambiente risultava impoverito degli alberi, delle siepi, dei canneti. Insomma, quegli elementi della natura che creano godimento alla salute e allo spirito, e rappresentano un rifugio prezioso per uccelli, api, insetti, anfibi, non era più fonte di gioia ma di vuoto e sterilità.

Così, insieme al figlio Federico, 32 anni, ha percorso la strada della certificazione biologica, con coltivazione di grano, bietole, orzo, e produzione di energia con un impianto fotovoltaico. "E a gennaio – prosegue - ho colto l’opportunità di seguire le direttive regionali per costruire di un prato umido (un lago della profondità da un metro a 10 centimetri), dall’estensione di due ettari con isolette per la sosta di specie ornitologiche stanziali e migratorie, e una macchia-radura, sempre di due ettari, ovvero un boschetto con arbusti di specie autoctone, e alberi quali salici e aceri campestri, piantumati a macchia di leopardo. Tra terra e acqua convivono le forme di vita più numerose, in nome della biodiversità. Già si cominciano a vedere rondini, merli, tordi, cesene, germani reali, e, addirittura una gambella tipica delle valli. Ancora: gabbiani, e uno stormo di aironi-guardiabuoi. E, a sorpresa, anche i fossi si sono popolati di rane e rospi che credevamo spariti". "La Regione non ha previsto finanziamenti – precisa Righi -, personalmente ho speso 17mila euro, e la certificazione giungerà dopo la visita ispettiva, ma, in cambio di un impegno a mantenere per 20 anni l’habitat creato, eroga, attraverso fondi comunitari, una rendita annuale di 1.500 euro ad ettaro per il prato umido e mille per la macchia radura. Questo è quanto mi sono riservato per la mia vecchiaia e ciò di cui godranno figli e nipoti".