ELIDE GIORDANI
Cronaca

La minaccia dei dazi americani: "Interi settori produttivi a rischio"

Cresce la preoccupazione per la ventilata imposizione di tariffe protezionistiche sulle merci europee. Le esportazioni della nostra provincia verso gli Usa rappresentano il 10% del totale, ma sono già in calo. .

Il presidente americano Donald Trump

Il presidente americano Donald Trump

Un siluro destinato ad obiettivi commerciali o la moneta di scambio per piegare Paesi riottosi? Se lo chiedono i produttori locali guardando con inquietudine alla politica dei dazi sulle merci in ingresso negli Usa imposta e ventilata dal presidente Donald Trump. Peraltro le esportazioni dalla nostra provincia verso gli Usa, tra 2023 e 2024, hanno visto prima una crescita (nel primo semestre 2023 costituiva il 10,1 per cento del totale delle esportazioni) e poi un calo (6,7 per cento del totale nel periodo gennaio-settembre 2024). Secondo l’ultimo dato fornito dalla Camera di Commercio della Romagna (gennaio-settembre 2024) l’esportazione in Usa delle produzioni targate Forlì-Cesena evidenzia un calo del 9,3 per cento rispetto al 2023. Ora potrebbe ancora scendere. Di certo si affollano, anche a livello locale, le preoccupazioni e le proiezioni. "A risentirne - preconizza Confartigianato Cesena - sarebbero, in particolare, i settori con la maggiore presenza di micro e piccole imprese nella moda, mobili, legno, metalli, gioielleria e occhialeria". La Regione, ossia il vicepresidente Vincenzo Colla, getta sul tavolo la preoccupazione che, qualora i dazi colpissero la Germania, ci possano essere licenziamenti che potrebbero "arrivare in casa nostra".

Chiama in causa l’Europa Rocco De Lucia, titolare della Siropack, azienda che produce macchine automatiche per contenitori di alimenti, che risponde da Bruxelles dove partecipa alla convention annuale (Petcore Europe) sulla sostenibilità legata ai polimeri: "Vorrei vedere meno Nato e più obiettivi verso le famiglie" attacca senza dimenticare che il suo è uno dei settori che rischia di più con l’eventuale imposizione dei dazi. "Non credo - afferma - che sia produttivo per gli Stati Uniti applicare dazi all’Italia, sarebbe uno stimolo a buttarsi tra le braccia della Cina. Direi piuttosto che la minaccia è volta all’establishment europeo che ha sempre mostrato disprezzo verso Trump". "Ho due proposte per aprire negli Usa - continua - uno in West Virginia e l’altro in Wisconsin. Sto a guardare". "In Europa - aggiunge De Lucia - agli imprenditori si mettono i bastoni tra le ruote con politiche green che rischiano di smantellare intere catene produttive". "Non esportiamo molto negli Usa, è un mercato che non riconosce la qualità.- dice da Berlino (Fiera Fruit Logistica) Patrizio Neri presidente della Spa internazionale JinGold, 100 milioni di fatturato -, ma i dazi avranno comunque ripercussione psicologiche. E potrebbero incidere sulla crescita di quel mercato. Ma non saranno solo una minaccia?".

Ha in programma l’apertura di una filiale in Nord America la più grande azienda dolciaria cesenate. "Abbiamo un importatore americano da cui, tuttavia, non arrivano segnali di preoccupazione in merito ai dazi che, da quello che s’intravvede, non dovrebbero colpire il nostro settore. - commenta Gianni Babbi, direttore marketing di Babbi Group Spa -. Anche la filiale americana sarà una base commerciale poiché la nostra produzione resta completamente italiana. Al momento stiamo aprendo un’altra filiale nella zona franca degli Emirati Arabi per gestire meglio l’area del Golfo e del mondo arabo dove abbiamo una presenza importante".