La piadina diventa sempre più ‘saporita’

Anche i chioschi stanno ritoccando i listini. I titolari: "Gli alti costi dell’energia e degli ingredienti costringono ad adeguare i prezzi"

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di Luca Ravaglia

"Resisto sulla piadina semplice e la lascio a un euro. Anche se quasi ovunque è - legittimamente – venduta ad almeno 10 centesimi in più. Non è questione di concorrenza, ma di attaccamento al simbolo del mio lavoro, che porto avanti da 32 anni, con la stessa passione di sempre, ma alle prese con difficoltà che ogni giorno diventano sempre più difficili da affrontare". Parla Marina Guidazzi, la ‘veterana’ dei chioschi cesenati, punto di riferimento per tutti i buongustai della ‘sua’ San Carlo e non solo. Che come tutti è alle prese coi generalizzati aumenti. Delle utenze, come delle materie prime. "I costi sono lievitati in ogni settore – racconta – e far quadrare i conti è sempre più difficile. E’ vero che il mio chiosco non può certamente essere paragonato a un grande edificio che necessita di tanta energia per essere efficiente, ma resta il fatto che nel mio bilancio, sul fronte costi è aumentata ogni cosa". Dagli affettati ai formaggi, con inevitabili ricadute sui listini: "Non è questione di scaricare i problemi ai clienti, anzi. Cerco di tutelarli al meglio, anche nel rispetto di legami di amicizia che in tanti casi durano da anni. Potrei limare qualcosa abbassando la qualità, ma dal mio punto di vista questa alternativa non è nemmeno da prendere in considerazione. Dai salumi e formaggi, fino alla farina, tutta italiana, fatta di grani romagnoli. E allora sì, le piadine farcite e i crescioni hanno un prezzo leggermente più alto. Ho preso la decisone qualche tempo fa, dopo il terzo aumento che ho dovuto fronteggiare da inizio anno".

Nei chioschi cesenati la ‘vuota’ sta in media a 1,10 euro al pezzo, le farcite vanno dalla prosciutto crudo a 5 euro fino a 6,5 euro e oltre per più di due o tre ingredienti. I rincari sono evidenti quasi ovunque.

Un altro chiosco storico è quello di Stefano Muccioli e Mascia Pirini in via Finali. E anche in questo caso il contesto è analogo. "Fortunatamente il lavoro non manca – commentano i titolari – ma l’impegno che mettiamo serve ormai in pratica solo per pagare i conti. Il tutto provando a resistere e facendo finta di non contare le ore di lavoro. Solo un esempio, per rendere l’idea: all’ingrosso la zucca è passata da 60 centesimi a 1 euro e 70 al chilo. E poi viene tutto il resto, compresi gli ‘extra’, quelli delle pulizie che ci accolliamo personalmente lungo i giardini di via Finali, quotidianamente trasformati in una pattumiera a cielo aperto della quale evidentemente nessuno si cura". A ruota arrivano i costi delle utenze: "Abbiamo fatto un confronto con luglio e agosto di quest’anno e del 2021, con la precisazione che noi a luglio siamo sempre chiusi a lungo. Bene, siamo balzati da 300 euro a 1.100. Come si fa a resistere? Abbiamo ritoccato i listini, ma ovviamente non possiamo stravolgerli, perché di certo la soluzione non è riversare i problemi sui clienti, che già hanno i loro. La soluzione deve essere trovata ai piani superiori, quelli della politica. Perché altrimenti non si sopravvive. Non dentro al nostro chiosco, in tutto il Paese".