Lasciare lavorare gli insegnanti

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Andrea

Alessandrini

Come mi comporterei con discrezione, nel senso guicciardiniano di capacità di adattarsi alle situazioni impreviste, se due studenti interrompessero la lezione in cui propongo l’ascolto di canzoni dicendo che essendo in Ramadan non possono ascoltare musica? Che so: ’Dormono sulla collina’ di De André, ispirata a Spoon River, o più sul pop, ’Bridge over troubled water’ di Simon & Garfunkel: ’come un ponte sopra l’acqua in tempesta mi distenderò (fra te e i tuoi problemi), che sui ragazzi fa breccia). Ragiono nel caso di un approccio serio da parte degli studenti. Se vogliono solo rompere le scatole, si hanno altri mezzi. Chiamati alla cattedra, domanderei se il Ramadan proibisce veramente l’ascolto di tutti i tipi di musica (il capo della comunità islamica cesenate poi li ha smentiti). Mettiamo rispondano di essere sicuri che ogni ascolto è proibito. Nel dubbio – forte – eviterei di cliccare su google ’Ramadan e musica’, per decoro. Direi loro di fidarsi: che le canzoni proposte sono una forma d’arte e di cultura, grandi forze per migliorare le persone. ’Sì, ma preferiamo leggere il testo fuori’, incalzerebbero i tenaci ragazzi. ’Ma una canzone non è solo testo. C’è la musica: quella cosa di Mozart e Miles Davis... Se l’ ho scelta è perché parla di voi, dei vostri sentimenti, vedrete che ne varrà la pena’. ’Prof, non vogliamo ascoltare’. A quel punto li accompagnerei fuori, chiedendo ai collaboratori scolastici di sorvegliarli, spiegherei a tutti gli altri compagni l’accaduto e si procederebbe finalmente all’ascolto. Ma è facile a tavolino: bisognerebbe essere lì. Se i genitori dei ragazzi in Ramadan poi domandassero perché faccio ascoltare canzoni, fornirei spiegazioni, ma potrei essere anche più spicciativo. ’L’insegnante sono io: lasciatemi lavorare’.