Quando debuttarono ufficialmente sulla scena discografica, il 13 maggio del 1994, tracciarono un solco indelebile nel panorama musicale Italiano, grazie a un suono che fino a quel momento non si era mai sentito nel rock nostrano. Con la raffinata poetica dei loro testi - diretti, taglienti, antisociali - hanno dato forma a un linguaggio che è diventato un manifesto per più generazioni, anche successive alla loro: oggi i Marlene Kuntz festeggiano 30 anni di ‘Catartica’, il loro album d’esordio, con rinnovato entusiasmo ed energia dirompente, collezionando sold out in lungo e in largo per la Penisola. Venerdì sera tornano a suonare a Cesena, una città che sta loro particolarmente a cuore, racconta Cristiano Godano, voce e leader carismatico della band di Cuneo, per la quale due anni fa, nei giorni successivi all’alluvione, espresse sui social parole di sentita vicinanza. Il concerto è alle 21 alla Rocca Malatestiana, nell’ambito della rassegna Acielaperto.
Dopo un tour nei club da tutto esaurito, come sta procedendo la vostra ‘estate catartica’?
"Tra festival e date singole stiamo girando un po’ per tutta Italia, con molta soddisfazione. Esplodiamo di energia in tutti i concerti, c’è molta intensità, molto sudore, molto rock sprigionato da tutti i pori, e la gente si accorge di questa attitudine sul palco. Che, forse, non è più propria dei giovani musicisti di oggi".
Cosa ha rappresentato per voi, agli esordi, ‘Catartica’ e cosa rappresenta oggi questo album?
"Catartica è stato il disco che ci ha regalato il sogno, lo avevamo inseguito per tanto tempo e a un certo punto è arrivato: è stata la sensazione di avere finalmente raggiunto un traguardo, dopo cinque anni di gavetta. Oggi, a distanza di 30 anni, sappiamo che è stato un album importante e decisivo per lo sviluppo della musica alternativa e indipendente italiana, e anche un riferimento per molti giovani".
Un album che ha anche sdoganato la lingua italiana nel rock.
"Sì, utilizzandola in modo più variegato e approfondito, sembra che io sia riuscito a compiere questo piccolo miracolo: ne vado molto orgoglioso".
Come vede, oggi, quella band seminale che ha ispirato intere generazioni?
"Vedo coerenza e continuità con quella band affamata di 30 anni fa. Vedo un pieno di energia, allora come oggi. E vedo coesione e alchimia fra i suoi membri, un legame che si è mantenuto intatto nel tempo".
E in quanto al suono?
"Il fan vero, quello affezionato ai Marlene dei primi dischi, ci segue da tempo e conosce anche i lavori fatti successivamente. E sa che c’è stata una semplice evoluzione di un approccio musicale, come è naturale che avvenga a qualsiasi altra band".
Cesena è una terra che vi è cara, non è vero?
"Il post che ho scritto dopo l’alluvione era figlio dell’essere stato a Cesena proprio i giorni prima di quell’evento catastrofico (aveva suonato al Vidia per un concerto tributo a Neil Young, ndr) e dell’aver conosciuto persone squisite nel mio soggiorno in città. Proprio per questo è stato ai miei occhi ancora più impressionante quello che è avvenuto a distanza di poche ore. Oggi tornare a suonare a Cesena, portando sul palco anche quei ricordi, è molto bello e molto intenso".