"L’imperfezione rinnova i canoni della danza"

La performer Lorena Nogal debutta al Bonci come coreografa in prima nazionale. E poi va in scena con il collettivo ‘La Veronal’

di Raffaella Candoli

Da oggi a domenica Cesena è attraversata da "Vie Festival", 16esimo appuntamento con le più innovative proposte di teatro, danza e performance organizzato da ERT-Teatro nazionale, e con artisti da tutto il mondo. La direzione è di Valter Malosti, in collaborazione con Barbara Regondi. Oggi alle 19 e domani alle 12, l’Ex Chiesa dello Spirito Santo ospita in prima nazionale "El Elogio de la fisura" di Lorena Nogal. La storica performer del gruppo La Veronal si presenta da solista e al suo debutto come coreografa, proponendo la celebrazione della bellezza nata dall’imperfezione. Lo spettacolo ha la durata di soli 15, intensi minuti.

Lorena Nogal, al suo esordio da coreografa elogia l’imperfezione, una condizione che la danza non contempla. Anzi! "Penso che nella danza contemporanea ci sia più spazio per l’’imperfezione’, la ricerca di nuovi modelli e nuovi modi di concepire il corpo e lo sguardo dello spettatore, di mettere in discussione il flusso naturale del movimento e trascendere i canoni classici o appresi. Credo anche che la ‘fisura’, la disarmonia, sia un giudizio molto personale".

Ritiene che il presente non sia attento alla diversità, all’accettazione della imperfezione?

"Credo che oggi ci sia una maggiore consapevolezza della diversità. E penso che l’idea stereotipata di ciò che non si considera perfetto, sia collegata a strutture molto chiuse. Se apriamo di più il nostro immaginario possiamo cambiare ciò che chiamiamo imperfezione in una nuova possibilità".

Esibirsi in uno spazio che è stato una chiesa le suscita particolari suggestioni emotive?

"In un certo senso, sì. Non a livello religioso, ma lo collego a uno spazio di culto, uno spazio spirituale di ascolto personale. E questo è molto presente nell’assolo. Un luogo in cui concedersi del tempo e saper generare un cambiamento interiore".

La performer spagnola fa parte del collettivo La Veronal, che per la prima volta sarà in cartellone al Teatro Bonci con lo spettacolo "Opening Night" domenica alle 15. La compagnia spagnola è diretta da Marcos Morau.

Marcos Morau, le presenze immateriali, i fantasmi di chi ha calcato il palcoscenico hanno ispirato grandi del teatro. Qual è il fascino della scatola magica?

"È un luogo dove tutto è possibile. È l’incontro tra realtà e finzione, è il riflesso della mia vita interiore, dove posso liberare le mie creature, dove posso alterare la realtà per costruire una nuova vita. È un luogo dove fermarsi e riflettere, dove generare pensiero e cercare risposte a questo mondo complesso e mutevole". Un artista vede lo spazio fisico del teatro che al pubblico non è visibile: corde, riflettori, macchine teatrali. Insomma, la finzione scenica. Quand’è che tutto diventa ‘vero’?

"Parlare di realtà e finzione in ambito teatrale è sempre una chimera. Tutto è reale e tutto è finzione, e sono gli occhi che osservano quello spazio-tempo con la densità della verità. Come registi e creatori teatrali abbiamo la capacità di vedere la possibilità di nuovi mondi nell’oscurità del palcoscenico, ma sempre a metà strada, sempre senza certezze. Tutto è intuizione, suggestione che viene lanciata nell’aria e alcune prendono vita e altre no".

Il titolo richiama il film di John Cassavetes e la sua protagonista Gena Rowlands.

"Lo spettacolo è un omaggio a Cassavetes. Ma il mio lavoro non ha nulla a che vedere con il suo. L’elemento comune è la certezza di affermare che la vita privata e intima dei creatori si mescola alla finzione teatrale. Il mio spettacolo è un chiaro riflesso della mia fascinazione per il teatro, con le mie paure e i miei desideri; è indissolubile separare il personale dall’artistico, ed è qui che credo sia più forte il mio legame con il suo film e il suo titolo".