Medici di base, più carenze nel Rubicone

Sintoni (Ausl Romagna): "E’ un fenomeno nazionale, ma nei nostri distretti non c’è emergenza. Serve però più capillarità dei servizi"

di Elide Giordani

Il problema c’è ma non ha i contorni dell’emergenza. "La carenza di medici di medicina generale - spiega il dottor Francesco Sintoni, responsabile dei distretti Cesena-Valle Savio e Rubicone per conto dell’Asl Romagna - è un problema nazionale e il Cesenate non ne è esente, ma quasi tutte le zone carenti bandite per le assegnazioni regionali sono state coperte, almeno per il momento". Cesenate in controtendenza , dunque, visto che solo a settembre dell’anno scorso il Sisac, la struttura interregionale che si occupa delle convenzioni con i medici di famiglia, elencava una mancanza, nella nostra regione, di 205 medici, numero destinato a crescere se è vero che, come denuncia la Federazione degli ordini dei medici, saranno 35 mila i pensionamenti della categoria da qui al 2027.

Dottor Sintoni, quali sono le zone del Cesenate ancora carenti?

"L’area interessata è il distretto del Rubicone, in particolare i comuni di Sogliano, Longiano, Borghi e Roncofreddo. Ma c’è ancora capienza tra i medici presenti sul territorio, non tutti hanno raggiunto il massimale considerato ottimale dei 1.500 assistiti. Ciò che manca è una maggiore capillarità. Quella è un’area che nella prossima pubblicazione relativa alle zone carenti comporterà il vincolo di apertura su Borghi e Roncofreddo, i più scoperti".

I medici di famiglia non hanno, in genere, l’obbligo di apertura in tutti i paesi?

"No, devono aprire nel contesto del nucleo di cure primarie che copre un bacino di 3040 mila persone. Nella prossima assegnazione, il medico che accetta dovrà aprire un ambulatorio dove sarà ravvisata la necessità, anche se non è detto che debba essere la sede principale del proprio ambulatorio".

Cosa succede quando i medici presenti non hanno più capienza e non ce ne sono altri interessati all’assegnazione?

"Di solito si alza l’asta del massimale. A Forlì, ad esempio si è passati da 1.500 a 1.800 assistiti, sforando i parametri ideali. Non dovrebbe esistere, ma negli ultimi anni sta capitando di tutto, che un cittadino non possa operare la propria scelta del medico di fiducia".

C’è anche il problema della distanza dall’ambulatorio del medico di famiglia.

"Questo è il vero problema. Avere il medico vicino rappresenta un vantaggio, per questo l’Asl si sta impegnando sulla capillarità".

Perché mancano i medici di medicina generale?

"E’ un problema di programmazione dei corsi specifici per diventare medici di famiglia, che forse non è stata centrata, siamo inoltre in presenza di una fuoriuscita anticipata dei medici che si è accentuata con l’epidemia da coronavirus".

Chiudono bottega perché guadagnano poco?

"No, è un lavoro remunerativo soprattutto ora che ce ne sono meno e si alzano i massimali. In più, da parte dell’Asl, ci sono incentivazioni per i pazienti cronici e le attività di segreteria".

Perché, allora, se ne vanno prima che possono?

"Forse anche perché veniamo da un periodo in cui la medicina territoriale ha dovuto gestire un enorme volume di attività innescate dall’epidemia. Va detto che stiamo cercando di stimolare l’aggregazione dei medici tra loro e migliorare le piattaforme di supporto compreso l’impiego del fascicolo elettronico".