Mercadini e Catalano a Villa Torlonia "Due errori di sistema in armonia"

San Mauro Pascoli, stasera i due narratori mettono in scena ‘Cose che non avremmo sperato di potervi dire’

Migration

di Raffaella Candoli

Roberto Mercadini e Guido Catalano, con "Cose che Non Avremmo Sperato di Potervi Dire" saranno oggi alle 21.30, al teatro all’aperto di Villa Torlonia a San Mauro Pascoli, per il calendario della rassegna Revèrso. La data è inserita nella tournée (prodotta da Sillaba Soc.Coop. & Via Audio Srl) che fino al 28 agosto vedrà i due geniali narratori e scrittori attraversare i principali teatri e festival d’Italia e confrontarsi su storie personali, ma anche su grandi temi sia esistenziali che di stringente attualità. "Due cani sciolti – dicono di sé stessi, circa questo spettacolo che li vede condividere il palco -, non hanno padroni né un branco; ma possono, liberamente, percorrere un tratto di strada correndo fianco a fianco. Due errori del sistema, possono trovare una imprevedibile armonia". Il cesenate Roberto Mercadini da anni affascina un vasto pubblico con i suoi monologhi culturali, sociali e divulgativi, grazie all’eloquio colto e spedito, non privo di aspetti ironici. Ha pubblicato tre romanzi editi da Rizzoli e conta oltre 150mila follower sul suo canale YouTube.

Mercadini, quello del narratore è un mestiere antico, caduto poi in disuso per via di nuovi mezzi di comunicazione. La gente ha bisogno di ascoltare delle storie?

"Credo di sì, cambia il modo, ma resta la necessità del sogno, dell’immaginifico indotto da una voce, una presenza che ti guida lungo un percorso narrativo. Un tempo il trovatore aveva la capacità di affascinare la piazza, di guardare in faccia la gente. Poi le storie le ha raccontate la televisione. Oggi c’è internet e dunque le storie arrivano in tempo reale all’altro capo del mondo e viaggiano per migliaia di chilometri".

Eppure è assodato che la capacità di attenzione oggi è minore; i tempi velocizzano tutto.

"In effetti, addestrati all’uso dei social, la regola sarebbe quella di essere brevi e incisivi. A dir la verità mi stupisco sempre di avere platee vaste e attente ad ascoltare me che parlo per oltre un’ora. Mah! Sarò fortunato, oppure il mio pubblico è una sorta di élite, oppure ancora, la raccomandazione di brevità è una semplificazione, non un dogma".

Ci può dire una tra le cose che lei non avrebbe sperato di poter dire?

"Per quanto mi riguarda non avrei sperato di poter dire che faccio questo mestiere, grazie al fatto che ho lasciato l’impiego di informatico. Quando lavoravo nella routine vedevo ciò che ho raggiunto ora, senza avere fatto alcuna accademia o scuole di teatro, come un sogno irrealizzabile. Eppure…"

Eppure, cosa c’è dietro questo titolo?

"Il ritenersi fortunati di fare ciò che piace, che non si riteneva possibile. Anche il fatto di essersi incontrati, Guido ed io: è stata una fortuna, perché mi sentivo solo e lui anche. È stato la possibilità di poter dire ‘c’è un altro come me’, che non è un vero attore come non lo sono io, che vive la scrittura con la mia stessa passione. Poi c’è una parte dello spettacolo in cui affrontiamo con leggerezza, grandi temi: Dio, la morte, l’amore e temi più positivi di quanto avessimo sperato".

Nonostante la stretta attualità?

"Sì, nonostante tutto è una serenata. Vogliamo portare un po’ di speranza in mezzo a tutti questi drammi che investono l’umanità, prima il Covid, poi quando credevamo di poterci rilassare, ecco la guerra. Vogliamo essere luce nel buio, suscitare una reazione motivazionale che conduca all’ottimismo".