Nubi sul calzaturiero. Peggiorano i dati delle esportazioni: crollo del 25 per cento

Il report di Intesa Sanpaolo per il primo trimestre del 2024: appena 45 milioni di ricavi per il distretto di San Mauro Pascoli

Le scarpe della modella e influencer Kim Kardashian

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Si addensano le nubi sul distretto di San Mauro Pascoli, ma la colpa, questa volta, non è del meteo: a peggiorare l’umore degli operatori del calzaturiero, ieri mattina, ha contribuito l’ultimo report sulle esportazioni dei distretti industriali dell’Emilia-Romagna, rilasciato dalla Direzione studi e ricerche di Intesa San Paolo. Il monitoraggio, relativo al primo trimestre del 2024, non fa che confermare – con dati ulteriormente peggiorati – l’andamento negativo dei mercati esteri per le calzature ‘made in San Mauro’: con appena 45 milioni di euro di ricavi, il distretto fa registrare, infatti, un drammatico -24,6% rispetto ai primi tre mesi del 2023. L’annata scorsa, peraltro, aveva già lasciato intravedere i primi segnali della crisi, chiudendo in calo del 6,6% rispetto al 2022. Continua la débâcle, dunque, per il distretto sammaurese, che paga più degli altri poli emiliano-romagnoli del sistema moda (l’abbigliamento di Rimini e la maglieria di Carpi) il pesante rallentamento della domanda internazionale. A questo proposito, gli osservatori parlano ormai apertamente di ‘crisi del lusso’, avvalorata dalle performance deludenti delle società quotate in Borsa: da Porsche a Ferrari, dal colosso francese Lvmh (proprietario, tra l’altro, del marchio Dior, per il quale alcune aziende del distretto producono in conto terzi) al gruppo Richemont (che controlla il brand sammaurese Gianvito Rossi), la tendenza è di un passo indietro generalizzato. E non si prevede un’inversione di rotta, secondo gli esperti, almeno fino alla fine del 2024.

Cosa c’è dietro numeri così ostinatamente negativi? Da un lato, l’andamento incerto dell’economia globale e dei mercati più rilevanti per il settore ‘luxury’ – in primis, quello cinese -; dall’altro, un importante cambiamento culturale, tale da influenzare le scelte di consumo. L’inflazione, con la conseguente riduzione dei redditi reali, ha sostanzialmente allontanato quella classe medio-alta che, fino a qualche anno fa, poteva permettersi qualche ‘sfizio’ e rappresentava, dunque, una fetta di mercato ben più ampia di quella dei miliardari. Un periodo di transizione, quindi, in cui alcune maison stanno cercando di costruirsi un’identità più definita e sperimentare strade inedite: è il caso del brand Sergio Rossi che, a fine luglio, ha reso noto di aver ingaggiato un nuovo direttore creativo, Paul Andrew. Forte di una lunga esperienza come direttore creativo di Salvatore Ferragamo, il designer britannico ha davanti a sé il compito, non facile, di "dar forma a una visione innovativa del marchio, senza tralasciare la prestigiosa eredità del capostipite Sergio Rossi e soddisfacendo, al tempo stesso, i gusti in costante evoluzione della clientela", ha dichiarato Eric Chan, amministratore delegato del gruppo Lanvin, di proprietà cinese, che dal 2021 detiene il controllo del marchio. Negli stessi giorni, le tre sigle sindacali operanti nel distretto - Femca-Cisl Romagna, Filctem-Cgil Forlì-Cesena e Uiltec-Uil Cesena – lanciavano l’ennesimo grido d’allarme per una ‘crisi senza precedenti’, tale da mettere a rischio la sopravvivenza stessa di 226 aziende, che attualmente impiegano circa 3.500 addetti.

Maddalena De Franchis