"Occorre superare lo scollamento tra formazione e mondo del lavoro"

"Se il mercato sottostima certe figure professionali, allora anche l’offerta e disponibilità si riducono"

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Marcello Borghetti, segretario della Uil di Cesena, il problema sollevato da Ketty Cappelletti esula l’ormai nota problematica legata alle denunce di condizioni contrattuali difficilissime da accettare e che vengono segnalate in un crescente numero di settori.

"Ovviamente non entro nel merito del caso specifico e non attribuisco giudizi a una situazione che non conosco nel dettaglio, però allargo il tema a un aspetto che non può essere sottovalutato: il problema delle pessime condizioni lavorative offerte è evidente e generalizzato. Questo porta conseguenze anche a carico di imprenditori virtuosi che non hanno nulla a che fare con queste storture". In che modo?

"Se il mercato sottostima certi tipi di impieghi e di qualifiche, l’offerta di queste professioni finisce necessariamente per ridursi: chi ha interesse a investire tempo e sacrifici su un percorso di formazione che poi in tanti casi si traduce in un pugno di mosche? Soltanto avviando un percorso globale virtuoso, problemi come quello citato possono risolversi".

Da dove si parte?

"Dal tema dello scollegamento tra il mondo imprenditoriale e la formazione professionale. E’ un gap che va colmato: strutture come i centri per l’impiego dovrebbero essere in grado di recepire le esigenze del mercato – peraltro in continua evoluzione – e incentivare la formazione negli ambiti più richiesti. Ma ribadisco, la teoria non basta. Serve riconoscere giusti compensi e dignitose condizioni lavorative. Restando sempre al di fuori del caso specifico, è evidente che certe mansioni richiedono impegni nei fine settimana o magari fino a tarda sera. Niente da dire, ovviamente, a patto però che il sacrificio aggiuntivo venga riconosciuto adeguatamente".

Si è perso l’entusiasmo di ‘imparare una professione’?

"Quando ero ragazzo io, si dava per scontato, ora non più. Certo, sono cambiati i tempi e oggi in molti casi i ragazzi non vogliono neanche prendere in considerazione l’idea di dedicarsi a qualche lavoro estivo per mettere da parte i primi risparmi, magari da utilizzare per togliersi qualche sfizio in inverno. Ma limitarsi a citare la ‘pigrizia’ è sbagliato, oltre che fuorviante: ai miei tempi dopo una stagione al mare o nel settore agricolo, eri gratificato dalla paga ricevuta. Oggi non è più così".

Luca Ravaglia