Ranchio resiste La forza del borgo isolato dalle frane "Restiamo uniti"

Molte abitazioni non hanno l’elettricità, la situazione è dura. Si condividono le riserve di cibo e si mangia tutti insieme alla Pro Loco. .

Ranchio resiste  La forza del borgo  isolato dalle frane  "Restiamo uniti"

Ranchio resiste La forza del borgo isolato dalle frane "Restiamo uniti"

di Luca Ravaglia

Sarsina, palazzo comunale. Il neo rieletto sindaco Enrico Cangini ha preso alla lettera lo spirito del capitano che abbandona per ultimo la nave e dall’inizio dell’emergenza praticamente vive lì, in costante contatto con la protezione civile, circondato dalle mappe del suo territorio. Che sta franando. Le maggiori criticità sono nell’area di Ranchio, che per giorni è rimasto isolata e che in pratica lo è ancora, perché il primo e per ora unico passaggio che si sta aprendo prevede una tremenda deviazione che impone di imboccare l’E45, raggiungere San Piero in Bagno, scollinare il passo del Carnaio, passare Spinello, Civorio e finalmente mettere nel mirino la piazza centrale. Il tutto in mezzo a smottamenti di ogni ordine e grado, che a vederli fanno paura. Serve poco meno di un’ora, contro la ventina di minuti del percorso ‘tradizionale’ da Calbano, che però è interrotto da una frana le cui tremende immagini sono diventate virali tra web e tv. Ovunque si vedono montagne alle quali manca una parte di terreno, strade dissestate, corsi d’acqua furiosi o protezioni danneggiate. E’ impressionante. Senza retorica.

A Ranchio piove e nei pochi momenti in cui smette, su tutto piomba la nebbia, cupa e impalpabile. In Romagna la nebbia a fine maggio non è prevista da statuto, ma evidentemente le calamità naturali fanno eccezione. La comunità è raccolta intorno alla piazza, tra il bar e la Pro Loco. E mostra un lato del suo spirito che lascia senza parole. Molte abitazioni sono rimaste senza elettricità, i frigoriferi non funzionano. E allora cosa si è deciso di fare? "Siamo tutti sulla stessa barca – raccontano gli abitanti con orgoglio – e lo abbiamo dimostrato coi fatti. Ognuno di noi ha svuotato la dispensa e ha portato tutto alla Pro Loco. Ora è qui che mangiamo, insieme, condividendo quello che c’è. Abbiamo il ventilatore che asciuga i cappotti bagnati, è caldo, c’è una grande sala piena di tavoli e c’è posto per tutti. A qualsiasi ora". E’ vero: gli ospiti, rigorosamente senza prenotazione, arrivano a getto quasi continuo: sono gli uomini e le donne che prima e dopo ogni pasto tornano ad affaccendarsi per provare a riportare un po’ di ordine in mezzo al caos. E ci sono i volontari che si danno il cambio in cucina, armeggiando tra pentoloni e pirofile, per fare in modo che non manchi mai niente da portare in tavola. "Non dimenticatevi di noi, che siamo quassù in montagna. Raccontate anche le nostre storie. Siamo tutti uguali, soprattutto durante i cataclismi". Dire che si vive alla giornata è fuori luogo: si vive ai dieci minuti. Perché in ogni momento potrebbe cambiare tutto, perché il monte che domina il borgo fa ancora (tanta) paura, perché non ci sono certezze, solo tantissima determinazione. E organizzazione. A partire da quella dei carabinieri e della protezione civile: non si guardano i colori delle divise, si lavora fianco a fianco, per portare acqua a chi è rimasto senza, per consegnare medicinali a chi non ne ha più. Si fa ‘l’appello’ dei residenti, sperando sempre che i conti tornino, si stabiliscono priorità e si parte. E dopo essere tornati, si riparte ancora. Serve andare a mettere in salvo chi è in pericolo ed evacuare le zone a rischio. E le zone a rischio non sono mai facili da raggiungere, tra strade divorate da frane e sentieri da ricavare tra gli alberi e il fango. Tra gli sfollati c’è anche un donna ucraina, che la protezione civile accompagna verso valle. Ha trovato una sistemazione temporanea. "A casa mia ci sono le bombe, mi tengo le frane della Romagna. Presto andrà meglio. Per tutti".