Ricamo e cucito, una passione durata un secolo

La soglianese Teresa Drudi, oggi centenaria, confezionava biancheria rara e abiti per bimbi

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di Ermanno Pasolini

A Sogliano al Rubicone festa grande per i 100 anni di Teresa Drudi nata il 6 luglio 1922. L’affetto per i soglianesi da parte di Teresa è rimasto immutato, ma velato da tanta tristezza per ciò che è passato e non ritorna. Teresa dalla nascita abita in via della Resistenza: un lungo rettilineo che lei chiama "la mia Piana". La mamma, Rosa Amadei, era originaria del Farneto di Bagnolo e il babbo, Agostino Drudi, del capoluogo. Teresa e le due sorelle (Giovanna ed Emilia, soprannominata Mariolina) nel 1925 rimangono orfane del padre, ammalato nella prima guerra mondiale. Teresa trascorre la prima infanzia con la mamma e il nonno paterno e poi per alcuni anni frequenta i collegi di Firenze e di Tavarnelle Val di Pesa. Osservando le suore impara a cucire e a ricamare. E il cucito sarà il suo lavoro e la sua passione. "Tornata a casa - dice Teresa mentre le brillano gli occhi al solo ricordo - sono andata a imparare il mestiere dalle ruffe", sono le sorelle Serpieri, che abitavano nella contrada più vivace e chiassosa del borgo. Racconta spesso con commozione gli anni di guerra nel suo paese, la povertà, la paura, la morte, ma, nel suo cuore, trova memoria anche per la solidarietà, l’amicizia e il saper apprezzare le piccole soddisfazioni della vita semplice. Purtroppo, la mamma Rosa debilitata dalle fatiche dei lavori, si ammala: Teresa e le sorelle sono aiutate dalla zia paterna Maria, al tempo fattora delle Monache Agostiniane.

Dopo la guerra le sorelle di Teresa si sposano. Nel 1948 alla tragica perdita della mamma, segue la nascita della nipote Loretta. "Così va la vita" spiega la donna segnata dall’esperienza. Teresa continua cucire, a ricamare e a occuparsi della nipotina mentre la sorella lavora fuori casa.

Sa usare i ferri, l’uncinetto, la spoletta per il chiacchiericcio, il ferretto per intrecciare la rete che poi intessa con estro e maestrìa. Insegna i segreti della sua abilità alle ragazze del circondario. Ben presto diventa ancora zia: a Faenza nascono Roselena e Gloria che Teresa va spesso a trovare per vestirle a suo gusto. Nel 1969 si sposa con Armando Giambi, gestore del consorzio agrario. Non ha figli e continua a confezionare biancheria per le clienti e abiti per bimbi. Nel 2000 resta vedova. Il lavoro non manca a Teresa. Le richieste di bianchieria impreziosita da ricami ormai rari da trovare sono numerose.

Ma l’età avanza e quegli occhi azzurri tanto sfruttati ora non le permettono più di dedicarsi all’arte che sempre le ha donato soddisfazioni. Nei suoi 100 anni Teresa racconta la sua lunga vita supportata da una memoria formidabile e dice che può arrivare fino ai 150 anni.