ANDREA ALESSANDRINI
Cronaca

Ring al Mercato coperto "Boxe clandestina, questi ragazzi rischiano di perdere un occhio"

L’ex campione Igor Ronchi: "Questi combattimenti, una piaga da estirpare"

Ring al Mercato coperto  "Boxe clandestina,  questi ragazzi rischiano  di perdere un occhio"

Ring al Mercato coperto "Boxe clandestina, questi ragazzi rischiano di perdere un occhio"

di Andrea Alessandrini

Il ring del ’Mercato coperto’ con la angosciante vicenda dei combattimenti stile Fight club ha riproposto l’allarme per le bande borderline, il degrado e il disagio profondo del mondo giovanile. Igor Ronchi, 49 anni, direttore tecnico di Bronx Gym, ex atleta professionista, campione italiano prima di full contact poi di Muay Thai, istruttore di Kickboxing, è salito per la prima volta sul ring a 17 anni. I suoi corsi sulle arti marziali e la boxe sono seguiti da decine di giovani.

Ronchi, lei che insegna pugilato e sport da combattimento, come ha reagito di fronte alla notizia degli incontri clandestini di pugliato con le scommesse e protagonisti ragazzi in un luogo nel cuore della città?

"Posso dire che sono addolorato, ma non stupito. Ho fatto sport da combattimento, ho interrotto la carriera a 31 anni in seguito a un incidente stradale e da 18 anni sono istruttore e, se posso permettermi, educatore. I miei ragazzi mi chiamano maestro. Tutto questo per dire che conosco bene come si può manifestare l’aggressività in persone, anche giovani, che vogliono uscire dall’anonimato. Non stupisce quello che è successo, ma che sia accaduto in un luogo così centrale senza che nessuno sia intervenuto: siamo nel cuore della città!".

Lei è istruttore di sport da combattimento e di boxe. È a conoscenza di episodi simili avvenuti in passato?

"No, episodi con queste modalità mi erano sconosciuti".

In palestra le è mai capitato di avere a che fare con ragazzi aggressivi?

"La prima cosa che dico a chi viene ai corsi è che io non addestro picchiatori da stadio o da discoteca e, dopo tanti anni di esperienza, credo di avere l’occhio clinico e di saper riconoscere al primo sguardo chi vorrebbe incanalare in uno sport da combattimento la sua aggressività".

E lo fermerebbe in partenza.

"Naturale. La boxe e le arti mariali sono sport nobili, quei ragazzi del Fight club si sono scambiati scazzottate aggressive, parliamo di due mondi, di due sfere di valori diversi. Praticando gli sport che insegno si diventa persone migliori, con più autocontrollo. Come istruttore mi sento doppiamente ferito dai ring clandestini. Io quella non riesco a chiamarla boxe".

Le scazzottate di quei combattimenti possono essere letali?

"Certo, sono molto pericolose. Basta poco per perdere un occhio e farsi molto male e basta poco anche perché accada di peggio".

Che cosa si può fare contro questa deriva?

"Questi ragazzi vanno mitigati, serve il pugno duro e naturalmente è una metafora. Bisogna intervenire senza lassimo. Ma sa che ho paura anche io a girare in certe parti del centro di sera? É mai possibile? La nostra città non è purtroppo solo quella del benessere e del divertimento".

Che cosa è anche?

"Una città con zone grigie, degrado, disagio, atti non dovuti che restano nascosti".

Ronchi, se potesse parlare a questi ragazzi del fight club, che cosa direbbe?

"Che nella vita nessuno vuole essere anonimo, ma che per essere qualcuno si deve scegliere il bene e non il male e l’aggressività che fa danni seri. Poi, se vogliono, mi piacerebbe parlare della boxe e della sua prima regole: che si fa su un ring, mai al mondo in mezzo alla gente".