"Santa Cristina resti un luogo di culto"

L’appello di Simonetta Chiaramonti per la chiesetta neoclassica progettata dal celebre architetto Valadier e voluta dal suo antenato Pio VII

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di Elide Giordani

Non si colgono echi di preghiera oltre la facciata neoclassica della piccola Chiesa di Santa Cristina, in via Chiaramonti. Un oratorio muto, per certi aspetti, pur essendo un luogo di culto da 196 anni. Ma lo è ancora? Se lo chiede la contessa Simonetta Chiaramonti D’Ottaviano erede di papa Pio VII, il pontefice cesenate Barnaba Chiaramonti, che la finanziò di ritorno dall’esilio a seguito delle sollecitazioni della sorella Ottavia . "La consideriamo un po’ la chiesa della nostra famiglia ma sembra impossibile assistervi ad una messa poiché in pratica è stata trasformata in museo" afferma con rammarico Simonetta Chiaramonti. "Al momento dei restauri - aggiunge l’erede del papa - è stata anche abolita la dimora del sacerdote, tramutata in parte in archivio, e questo va contro il desiderio di Pio VII. La Chiesa lamenta una progressiva decristianizzazione, che tenga allora le chiese aperte. Sappiamo che ci sono meno sacerdoti, ma una messa il sabato sera credo che il parroco del vicino S.Bartolo potrebbe dirla". "Certo che ogni tanto diciamo messa a Santa Cristina - risponde a distanza don Agostino - ma le incombenze sono tante e non sempre si riesce a rispettare la scadenza".

La contessa chiede il coinvolgimento degli abitanti di via Chiaramonti e di via Sacchi perché si mobilitino per mantenere la dignità di luogo di culto per la chiesetta progettata dal Valadier che, proprio in questi giorni, in effetti ospita una mostra d’arte. E torna d’attualità il tema dell’impiego delle chiese per altri usi oltre a quello religioso. "Purtroppo è l’effetto della carenza di preti che possano reggere le parrocchie e le chiese, ma anche della continua emorragia di fedeli che assistono alle messe - commenta Marino Mengozzi, responsabile dei beni artistici della nostra diocesi -. Si spendono molte risorse per mantenere in salute questi importanti monumenti, sarebbe un peccato chiuderli alle visite e ad altri impieghi, che ovviamente devono essere consoni ai luoghi di cui parliamo. Peraltro c’è una specifica deliberazione della Cei che apre le chiese all’arte o alle iniziative musicali. Del resto il fenomeno delle canoniche vuote è un problema rilevante anche nel nostro territorio, ci sono sacerdoti che, per mancanza di parroci, assommano nelle loro cure fino a nove parrocchie". "In merito a Santa Cristina - dice ancora Marino Mengozzi -, così come per San Zenone e Sant’Agostino, la diocesi paga una guardianìa che prevede aperture il sabato e la domenica". Servizio importante, ma quanto è diverso entrare in chiesa per un intimo momento di raccoglimento dal programmare una visita su appuntamento o attendere che la data sia quella prevista dal calendario?